Bianca Pitzorno: una sua bellissima lettera da “la Nuova Sardegna” del 12 febbraio 2011

Care ragazze ‘usa e getta’
di Bianca Pitzorno

Care Noemi, Iris e Karima, care sorelline minori, care giovanissime amiche nell’occhio della bufera, domani io sarò in piazza. Sarò in piazza non contro di voi, ma anche per voi, ragazzine che solo pochi anni fa avreste potuto essere mie lettrici. Quando nel 2009 lessi i primi spontanei racconti di Noemi appena diciottenne sulla sua “amicizia” che durava da diversi anni; quando vidi il suo viso angelico (anche a me fece questa impressione) alla festa del compleanno, e più avanti il suo book con foto molto diverse, il mio primo pensiero fu: “Bambina mia, ma cosa ti hanno fatto?”.

Per un lungo periodo della mia vita ho dedicato la mia scrittura a voi ragazzine, ho raccontato la vostra vita, i vostri sofferti rapporti con “i grandi”, e da voi sono stata letta, amata e scelta a confidente.

Ho visto come cambiavano nel corso del tempo i modelli che vi offrivano gli adulti, e come molte di voi cadevano per fragilità nella trappola. Se negli anni Ottanta mi scrivevate per discutere di filosofia, di giustizia, di religione, di senso della vita, di come sognavate il vostro futuro e di come volevate cambiare il mondo, in seguito le vostre lettere cominciarono a esprimere soltanto l’ammirazione e l’invidia perché “ero famosa”, perché avevo lavorato alla Rai; cominciarono a dichiarare il vostro desiderio di “sfondare” in tv.

Se prima volevate raggiungere la notorietà, anche televisiva per qualcosa di grande, bello e utile che avevate fatto – scoprire la cura definitiva per il cancro, debellare la fame nel Terzo Mondo, andare sulla luna – adesso il vostro desiderio di apparire era fine a sé stesso, mero certificato di esistenza.

Vi stavano convincendo pian piano a rinunciare all’autostima, a non volervi bene, a non sognare alto. E voi, nella fase delicata e fragile della vostra formazione, vi adeguavate ai modelli che arrivavano con insistenza martellante dal teleschermo, vi rassegnavate a specchiarvi negli occhi di quegli adulti che dell’a dolescenza apprezzano solo la freschezza del corpo, e ne temono gli entusiasmi e l’utopia. Noi sorelle maggiori abbiamo cercato di opporci, di mostrarvi altri modelli.

Per questo ci siamo prese, come ci prendiamo oggi, delle bacchettone e delle moraliste; delle vecchie invidiose dei successi da voi raccolti grazie alla vostra freschezza. Quelli che giorno dopo giorno vi riducevano a “cose”, a merce da comprare e vendere, sono gli stessi che in Parlamento insultavano Rita Levi Moltalcini con l’epiteto di “pannolone”. Sono gli stessi che in piazza gridavano di voler difendere la santità della famiglia.

Quelli che a gran voce strillavano chiedendo di togliere la vergogna della prostituzione dalle strade, da sotto gli occhi puri dei loro figli, e poi compravano nei vialoni bui le prostitute bambine dell’Est Europa, incrementandone il traffico, favorendone di fatto la riduzione in schiavitù. Che le nuove schiave fossero adolescenti di 14, 15, 16 anni saltava agli occhi di chiunque. Ma i loro utilizzatori finali stragiuravano di essere stati ingannati dalle astute ragazzine, di essere convinti in buona fede che la merce da loro comprata avesse più di vent’anni e dunque fosse “ legale”. Che dietro alla protestata libertà di prostituirsi ci fosse un’organizzazione, vietata questa sì dalla legge anche per le maggiorenni, rifiutavano di vederlo.

Se è vero quello che sostiene l’accusa, se risulterà che davvero avete fatto e ricevuto quelle telefonate, anche nel vostro caso ci sarebbe stata una organizzazione e scarsissima reale libertà. Vi avrebbero adocchiato, selezionato, messo a catalogo, confezionato, consegnato al domicilio del cliente.

Come pacchi, come merce di lusso, non come esseri umani. Già lo avete capito: quei ricchi e anziani signori che vi avrebbero venduto e comprato non sono vostri amici, non vi difenderanno, non vi proteggeranno, anche se ora vi offrono altro denaro e l’a ssistenza dei loro astutissimi e costosi avvocati. Il cui scopo è unicamente quello di salvare – con le bugie che vi suggeriscono, che vi impongono – i loro clienti. E voi come sempre, dopo l’uso, verrete buttate a mare.

Io e molte altre donne che potremmo essere le vostre madri, questo lo sappiamo bene e – insieme a molti uomini decenti che potrebbero essere vostri padri o fratelli – domani non manifesteremo contro di voi, non intendiamo sottolineare la nostra virtù dichiarandola superiore al vostro vizio.

Noi ci schiereremo al vostro fianco come uguali, per difendere oltre al nostro, il vostro valore di persone, per raccontarvi che nonostante quello che vi hanno detto i cinici e interessati mezzani, una donna si può realizzare, può guadagnarsi la vita, si può divertire, può essere utile, può “esistere” agli occhi degli altri – e persino essere felice – in un altro modo, senza rinunciare alla propria dignità.

Per raccontarvi, noi “bacchettone”, che il sesso non è squallido esercizio di sopraffazione riservato ai ricchi viziosi, ma può essere, per tutti e per tutte, una scelta libera, una attività piacevole, gratuita e pulita. Siete giovani ancora, e potete ancora essere felici e libere. Ve lo auguro di tutto cuore.

(12 febbraio 2011)

Peter Pan on ice

Questa volta lo difendo, perché fa pena, perché sta male, è malato davvero.
Si è reimpiantato i capelli… si è tirato la faccia che fra un po’ le orecchie gli staranno dietro la nuca… si è messo il rialzo nelle scarpe perché è un criptonano e non fa outing (mi scusino i nani consapevoli)… spende intere fortune dai sistematori estetici perché non ammette di essere repellente (mi scusino le jene)… investe milioni in progetti sulla propria eternità perché non sopporta di morire (mi scusino i comuni mortali).

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il 13 febbraio sarò in piazza col movimento delle donne

e anch’io voglio farmi rappresentare da un volto femminile in cui mi identifico: quello di mia madre

mia madre col vestito della festa – Pattada, un inverno fra il 1944 e il 1947
07. Febbraio 2011 · Commenti disabilitati su un colpo al cerchio ed un colpetto alla botte · Categorie:blog news, di Sardegna, nel sociale · Tag:, , , , , ,

La situazione è paradossale. Questi fogli locali, abbandonati alla loro sorte qualunque ne sia la proprietà, non cambiano nei decenni. Lì infatti intellettuali di spessore e buone firme del giornalismo, oneste e serie, possono agevolmente sedere nel box confinante a quello che contiene cialtroni incapaci o, peggio, in malafede… Tutti amorevolmente nella stessa testata. Ma è la storia dei fogli di provincia e non solo… bisogna rassegnarsi. Ma non per questo tacere.

Ho vissuto gli anni dell’Università a Sassari, questa oscura città di massoni e savoiardi, il luogo di Segni, Cossiga, Parisi e Berlinguer… ma non sono mai riuscito ad abituarmi alla sua condizione di totale e incontrollabile schizofrenia, e, in esemplare e coerente riflesso, anche del suo giornale storico: la Nuova Sardegna.

Oggi infatti ho letto un titolo commovente nella sua becera immobilità: da cinquant’anni la Nuova li ripropone fedelmente come solo i cari vecchi giornaletti di casa sanno fare.
Evidente come l’ottusa Musa ispiratrice sieda nella Questura. L’unico luogo dove il cronista pesca i suoi pezzi e ne sposa acriticamente le versioni. Mi chiedo se a questi poliziotti giornalisti vengano anche correttamente versati i contributi di categoria o se a quei giornalisti poliziotti spettino le gratificazioni dovute dal Ministero dell’Interno ai suoi fedeli dipendenti.

Sassari è una città triste. Lo pensavo quando ne frequentavo l’Università, e continuo a pensarlo ora. Infatti, se non fosse così, non si sarebbe mai potuto vedere un titolo tanto contraddittorio e servile come quello che oggi incornicia l’articolo che qui linko:

Di che si tratta? Quale bene comune è stato offeso? Quale proprietà civica è stata violata? Semplice: un prezioso cartello indicatore della E.On è stato coperto di catrame presumibilmente col lancio di un barattolo. Un orribile delitto, una violazione imperdonabile certamente commessa da uno o più delinquenti da cercare fra quei cittadini che forse si sono sentiti violentati dalla marea nera di tonnellate di catrame che la E.On ha legittimamente riversato su 180 Km. di costa. Dal Parco naturale dell’Asinara alla Pelosa di Stintino, dalle spiagge di Platamona e Marritza alle rocce di Capo Testa, passando per quella regione intorno a Porto Torres la cui popolazione, fra disastri ambientali e disoccupazione, ormai si consuma nella rabbia, rassegnazione ed attesa senza speranze.

Insomma: Vandali contro E.On è un titolo! Il titolo di un articolo su un giornale quotidiano! Una banda criminale ha lanciato un barattolo di catrame sopra un cartello privato! (Attenzione: non ho mai visto titoli simili sull’intera cartellonistica pubblica di tutto il centro Sardegna che, storicamente, è crivellata di colpi d’arma da fuoco).
Anzi, è la vile metà di un titolo la cui altra parte è un colpo alla botte buonista che purtroppo, collocata lì, risuona di tragico vuoto: l’eco-appello di Michela Murgia.

Sono uno che rispetta la legge e chiede che venga rispettata da tutti. Chiedo giustizia uguale per tutti. Pretendo che, quando questi vandali verranno catturati, la pena sia commisurata al delitto. Propongo che si proceda pesando letteralmente ed equamente l’oggetto del reato. E che ogni Euro di pena o ogni giorno di condanna inflitto a questi criminali che hanno sporcato l’insegna venga altresì inflitto, MISURANDOLO A PESO, ai responsabili della E.On.

Il conto è presto fatto: hanno lanciato un chilo di catrame? Un giorno di carcere e 1000 euro di multa. La E.On ha sparso una tonnellata? 1000 giorni di carcere e 1.000.000 di Euro di multa.

Cara Nuova Sardegna, questa sarebbe giustizia… intanto tu continui a coprirti di tonnellate di merda per la viltà che da sempre esprimi… e riesci perfino a lanciartela addosso senza che nessuno te lo imponga…

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