>

IL GOVERNO DELLE RUSPE

una mattina d’estate, nella città vuota e silenziosa, le ruspe di cofferati hanno appiattito il CRASH, uno degli ultimi spazi di sopravvivenza a bologna

questa città è un cimitero

del pensiero
del gesto
della socialità
dell’amore

bologna, con i suoi governanti, sta morendo: è un caso evidente di accanimento terapeutico

bologna la mediocre, la superficiale, l’astiosa, l’arrogante…

bologna che millanta cultura e chiude gli unici spazi dove ancora si respira

bologna con i suoi ‘artisti’… i suoi ‘scrittori’…
ben aggrovigliati al proprio ego abnorme…

giovanilisti di quartiere, comici da salotto, indignati da dopo-strage, poeti da tavolino, avanguardie autoproclamate del nulla…
dove siete? in quale piazza state cospirando? in quale sotterraneo organizzate la resistenza? a quali ferite esponete il vostro prezioso corpo? a quale dolore il vostro spirito? dove siete? in quale festival dell’unità, con quale aperitivo, state confortando la vostra vergogna?

in africa, ogni vecchio che muore è una biblioteca che brucia
a bologna, ogni spazio che chiude distacca un tubo d’ossigeno a questa città morente

solidarietà attiva (se c’è bisogno… un fischio) e passiva (interiore) al crash

1 commento

  1. stella cappellini

    >caro Alberto

    quello che esprimi così bene purtroppo non è una novità, ciò nonostante fai bene a continuare a dare voce a questo sconcerto che ci prende ogni volta che ci rendiamo conto di cosa è diventata la città che un tempo fu culla di avanguardie culturali e politiche e sede di convivenza civile e ricerca di diritti per tutti. Furono queste sue qualità che ci fecero scegliere di viverci. E io essendo donna la scelsi anche perchè mi ci sentivo al sicuro: oggi un’affermazione del genere fa rabbrividire.

    Osservo i giovani studenti che vengono, che provano a viverci: spesso dopo un anno o due se ne vanno delusi e frustrati. Oggi Bologna è uguale alle altre città.

    E’ vero che oggigiorno le trasformazioni socio-economiche hanno reso le città, tutte, abbastanza difficili a causa del carovita, caro-casa, precarietà lavorativa, violenza contro i deboli.

    Tu chiedi dove è andata a finire la bella gente che lottava o diceva di farlo. Azzardo a dire che chi lo faceva con ipocrisia è bene che non stia a ingombrare il cammino. Chi lo faceva con sincerità sono certa che continua a farlo, magari direttamente nella sua realtà di quartiere piuttosto che platealmente.

    Lo sai anche tu che esistono e resistono persone schive ma con idee chiare e che non sono assolutamente capaci di rinunciare a ciò che pensano e sentono, pertanto in qualunque luogo si trovino, riescono a portare un cambiamento in meglio.

    E ben presto diventano spine nel fianco di qualunque giunta amministratrice di destra o di sinistra. Sono quelle persone incapaci di leccare qualunque culo che sieda sulle ambite quanto squallide poltrone che contano. Sono esseri liberi che pagano in continuazione le loro decisioni di vita senza sconti, senza falsità e ruffianesimi, accettando di vivere nell’ombra senza rinunciare alle idee e alle speranze, e quel che più conta è che non sono affatto preda della rassegnazione (che è suicidio permanente).

    Capisco molto bene quello che dici e ne soffro personalmente ormai da anni. Viviamo in un mondo talmente duro per tutti che la gente si fa volentieri a pezzi a vicenda e quel superego di cui parli, realmente all’opera purtroppo, diventa ridicolo da sopportare.

    Bologna è la tomba di se stessa. Vero.

    Vero è anche che tutta l’Italia fa schifo perchè continua a marcire in una putrefazione politica di corruzione e distanza dall’elettorato, di ingerenza clericale, di ladri autorizzati, di leggi sul lavoro ingiuste e retrograde, di governi di sinistra che si accordano col perbenismo bieco e coi poteri economici.
    E’ vero pure che in una società così difficile, fa soffrire che Bologna si sia omologata al resto, proprio perchè non era questo il suo DNA.

    E dulcis in fundo: tu come me e tutti i lavoratori della cultura ti sarai reso conto che il governo Prodi non ha messo mano alla nuova legge per la Cultura e lo Spettacolo, il Fondo Unico per lo Spetttacolo ammonta ancora alla cifra in cui lo lasciò Berlusconi, vale a dire il 30% di quello che era prima.

    Ciò significa che possono sopravvivere solo alcune grandi istituzioni culturali e anche quelle con poche certezze. Significa anche che la produzione culturale è scarsa ed ha sempre vita difficile.
    Una nazione che non produce cultura si assume la responsabilità della propria morte anìmica.

    Avrai fatto caso anche all’obbligatorio proliferare di associazioni culturali che servono alle istituzioni per essere esonerate da impegni fiscali nei confronti dei lavoratori della cultura.

    Trovo questo modo di operare squallido e controproducente, nonostante la buonafede degli associati. Se è positivo che i cittadini si aggreghino in associazioni allo scopo di produrre cultura di volontariato, è invece negativo che i volontari suppliscano all’impiego di professionisti dei vari settori culturali. Un sacco di gente in gamba resta disoccupata per far posto ai dilettanti che si nutrono di altri lavori cosiddetti garantiti e che possiedono competenze ben più scarse, ovviamente, rispetto a chi ha dedicato la vita, fottendosene dello stipendio fisso e assumendosene il rischio.
    Ma noi siamo oltre il rischio del rischio, noi siamo arrivati alla cancellazione della cultura come lavoro umano.
    Ti ricordi cosa scrivevamo alcuni anni fa sui comunicati della Rete Artisti contro le guerre? Cercano di cancellare la cultura perchè essa è pensiero e il pensiero fa pensare gli individui e i popoli.

    Qualcuno mi accuserà di corporativismo, mi è già successo. Ebbene, me ne frego. Però farò un esempio: che deve dire un idraulico, un professionista del suo settore, che cerca di fare il suo lavoro con onestà e competenza e in regola con le tasse, se si vede spesso scavalcato da idraulici improvvisati che lavorano al nero? Pensate che un musicista, un attore o un cineasta abbiamo meno ragioni di esistere di un idraulico?
    In tal caso siete messi male perchè significa che la morte della cultura ha preso anche voi.

    La Cultura come bene comune dovrebbe far parte del reddito di cittadinanza di ognuno, essere gratuita per la gente e dare garanzie di sussistenza a chi la produce. Bada bene, non sono idee strampalate queste, ma modus operandi ancora in vigore nei paesi europei. Non so per quanto ancora però, perchè ho notato che sfilare da sotto i piedi di un popolo il diritto alla cultura è abbastanza facile, basta rincoglionirlo ben bene a oltranza con i surrogati che fanno comodo al mercato.
    E in nessuna nazione europea ci si è riusciti così bene come nell’Italia impregnata di berlusconismo.
    Se Prodi ci volesse fornire un antidoto di “prodismo” dovrebbe come minimo costringere l’ex sindacalista milanese a capo della giunta bolognese a smetterla con quelle maledette ruspe contro le persone e gli spazi di aggregazione.

    Gli spazi liberi sono scomodi, le menti libere ancor più. Quali sono le ruspe che usano contro la mente?

    Dopo le lamentele e le domande, dobbiamo trovare le soluzioni.

    Grazie di esserci
    Stella

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.