Finita di improvvisare alle 14,07 in risposta (affettuosa) a Nanni Falconi su Corona de Logu. E’ scritta in logudorese di Pattada, lingua di Nanni, in endecasillabi per essere cantata “a tenore”, e se qualcuno tenta di normalizzarla nde li sego sas francas a mossu (gli stacco le mani con un morso).

qui sotto il testo

Ancora »

La Sardegna, dicono loro, è il posto ideale per il nucleare:
è al riparo dai terremoti, e, immaginano, anche al riparo dai sardi.

dimostriamogli il contrario

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Quando Ugo C. cercava voti, dichiarò che «nessuna centrale nucleare verrà costruita nell’Isola: se vorranno farlo, dovranno passare sul mio corpo». Intanto bisognava liberarsi di Soru e dei suoi sostenitori che avrebbero costituito un fastidioso ostacolo.

Immediatamente, senza neanche una giunta nominata, si presenta la candidatura della Sardegna come luogo dove concentrare le quattro centrali “necessarie” all’Italia che Berlusconi ha trattato con Sarkozy. Ho attinto la notizia da un articolo di Marco Mostallino sul Giornale di Sardegna di giovedì 5 marzo.

Ancora »

Sdoganato a Sanremo da Marco Carta e i Tazenda, il sardo assurge alla dignità di lingua. Ciò che non era riuscito ad assemblee di accademici, leggi europee e regionali di salvaguardia, resistenti testi letterari e poetici, è riuscito in una sola notte al sistema della comunicazione basica e popolare. Molto intuitivi su “ciò-che-va-oggi”, i nostri eroi hanno conquistato posizioni che a nessun intellettuale sarebbero mai state concesse.
Da più parti ho sentito avanzare sospetti di “vittoria guidata”, di fenomeno “utile”…
Non credo alla vittoria guidata, penso piuttosto che lo spessore della giuria e della votazione popolare sia specchio esatto dell’esistente. Oggi l’Italia è questa. O così, o scendi. Comandano loro, dettano regole e parametri, paradigma e valori. Se chi comanda è un ignorante parvenu di successo, tutti sono autorizzati a pensare che le qualità per arrivare siano spietatezza, furbizia, sorriso, tette e culo, e così via…
E c’è chi li incarna perfettamente ed è capace di rappresentarli in un processo di svilimento apparentemente inarrestabile. Il fascismo cominciò proprio così. Il progetto di rinascita della P2, cui il nostro primo ministro aderisce fedelmente tanto da esserne un esecutore affidabile, ne è un’evoluzione naturale.
Che c’entra con Sanremo? Beh… proprio niente… parliamo d’altro: voi guardate Sanremo e sorridete, che al resto pensano loro.

Torniamo quindi al ‘fenomeno utile’.
Ci credo, ma fin dalla sua nascita il festival di Sanremo è stato un fenomeno utile. Solo che, e questo mi preoccupa, ora c’è al centro la Sardegna, che fino ad ieri fortunatamente non esisteva. Perché? Beh… si calcola che le maggiori speculazioni immobiliari, bloccate dalla crisi o dalle regole in tutta Italia, avranno sfogo torrenziale proprio in Sardegna. Cemento che cola come se piovesse. Lavoro per muratori e piazzisti fino alla consumazione di tutto. Solo questo? No… il prossimo anno si discuterà delle basi e servitù militari. E la Sardegna, con la sua crescita esponenziale di tumori e inquinamento, preoccuperebbe se fosse abitata da gente cosciente e resistente… E ancora: si parlerà di energia. Scommetto fin d’ora che cominceremo ad avere problemi di ecomafie, come non è difficile prevedere che se una centrale nucleare nascerà, malgrado i referendum che lo dovrebbe impedire, la Sardegna per prima ne sarà gratificata. Poi c’è da esigere i crediti dallo Stato… E i trasporti… Molti sardi, con Soru, si stavano rendendo conto che è possibile liberarsi di pesi economici e malfunzionanti come la Tirrenia ed il suo carico ultracinquantennale di umiliazioni subite. Inoltre la sanità e la scuola si stavano avviando verso un modello non tanto ‘nazionale’, quindi pericoloso. A chiudere il discorso, si aggiunga che l’idea indipendentista o anticolonialista è diventata meno spaventosa, o quantomeno oggetto di tranquilla discussione entrando indenne perfino nei comizi di Soru.
Metteteci inoltre il fatto che i sardi sono da sempre un inesauribile e silente serbatoio di combattenti gloriosi, giardinieri tuttofare, camerieri pronti e capaci che… pensate: si comprano con poco, sono fedeli, riconoscenti, e non protestano nemmeno se qualcuno cambia nome ai loro luoghi di nascita. I sardi utili servono e sono servili. E tacciono. Odiano chi protesta, si ribella, si differenzia, chi spera o mostra altre possibilità di vita. Soprattutto se conterranei. Come rinunciare ad un tale patrimonio umano?

Ma non si parlava della lingua?
Quale lingua? Il sardo che ho sentito su youtube (Sanremo era davvero troppo) non è la mia lingua, è quella del buon selvaggio che va in costa a divertire il turista col suo esotismo da animatore. Un logudorese forzato, mal pronunciato alla olbiese (Tazenda… caricottos) o alla nuorese da un cagliaritano che in un’intervista ha testualmente detto: “unu basu grandi a tottusu” oppure “non mi piace Soru perché ha rovinato il Poetto con quella sabbia scura”.

La mia forza è un altro modo di dire forza (in sardo fortza) paris: forza tutti insieme, purché a testa bassa come i buoi… mentre intanto un’altra Forza dall’Italia sta stendendo le sue planimetrie ed i suoi piani militari sulla mia terra.
Ma si deve lavorare… e trovo persino commovente la realizzazione del sogno del parrucchiere di Pirri o dei barroseddos di Terranòa. Sinceramente, auguro loro tanta fortuna e il danaro che meritano. E ne sono contento come quando leggo di una vincita alla lotteria a Tresnuraghes pensando che laggiù si alzerà un pochino il PIL e anche qualcun altro (giornalaio, tabaccaio, barista, panettiere…) ne godrà. E speriamo che, dati per persi i vincitori, almeno quel qualcun altro ricominci a pensare.

articolo scritto per

>Come nei peggiori incubi, come nei racconti delle più spietate invasioni, ancora la Sardegna si restringe ed i Sardi si allontanano dal mare. Quelli che tentano di restare vicino alle coste vengono sterminati senza pietà.

La storia si ripete in ricorsi crudeli: era già successo coi romani e con i mori, perdurava nel periodo degli spagnoli e dei savoia…
Solo da poco ci eravamo rilassati. Riattirati all’esterno dagli specchietti e le collanine dei nuovi sorridenti colonizzatori, li abbiamo serviti in silenzio e con dedizione: camerieri nelle loro residenze fortificate, ascari nelle loro guerre, sicari nelle loro vendette, ottusi esecutori delle loro voglie… servi, anzi, servi dei servi…
Un popolo di servi senza storia. A loro tutto il mio inutile disprezzo. Sì perché non si può avere pietà o comprensione per il servilismo e l’assenza di etica.
In effetti avevo già cominciato ad avere dei dubbi ed a provare dolore quando davanti al ‘magazzino’ nuragico, ormai pallido simbolo della nostra esistenza, era stata consegnata la bandiera.
Ma interpretai quel gesto come una mossa falsa che avrebbe risvegliato ancora di più il nostro orgoglio e confermato che potevamo di nuovo essere un popolo. Niente di più sbagliato. Il mio ottimismo non aveva colto l’esatta esemplificazione di ciò che stava per succedere: la resa senza condizioni.

Ed ora eccoci qua: nuovamente sconfitti e piegati, nuovamente ripiegati nei fieri (?) villaggi dell’interno, arroccati e imprendibili (perché non appetibili), e sempre più spopolati di spirito e persone.

La Sardegna è un feudo senza orgoglio. I pochi sardi che tentano di resistere sono traditi da coloro che s’inchinano senza alcuna cultura né memoria. Ora si ritorna indietro e si dovrà ricominciare tutto da capo. Eravamo a Bisanzio, s’ardia fidel’e Antìne, e ne abbiamo riportato soltanto la maledizione perpetua: crollo e decadenza.

E che ora non si parli di Rinascimento sardo, che le intelligenze sappiano indossare il lutto della mente, che chi si è dimesso o ha smesso per salvarsi il culo non ritorni mai più.
Oggi siamo di nuovo soli e con sempre meno ricordi.
Da qui ricominciamo, e non abbiamo tempo da sprecare.

diversi e differenti commenti sulla questione:
altra voce
democrazia oggi
sardus disterraus

il piemontese Bogino
(in Sardegna sinonimo di boia)

>senza parole riporto questo triste comunicato

Sabato 14 febbraio alle ore 16
critical mass silenziosa a lutto
Piazza Nettuno, Bologna

Domenica 8 febbraio in via Saragozza angolo via Audinot alle ore 21,30 Paride è stato investito e ucciso da un SUV guidato da un ventenne che era sulla preferenziale. La notizia è qui.

Nel frattempo ci son stati altri due investimenti mortali in provincia di Bologna.

Paride Emiliano Idda era un ragazzo sardo di 24 anni, uno studente di Sassari, un fumettista appassionato di pittura che frequentava la ciclofficina e lo spazio sociale autogestito XM24 a Bologna. Giovedì 12 febbraio alle ore 12 sul luogo dell’incidente un gruppo di ciclisti ha appeso questo striscione


Nella serata di Domenica 8 febbraio 2009 Paride pedalava su via Saragozza quando è stato travolto e ucciso da un SUV. E’ l’ennesimo ciclista morto a Bologna, città che in soli due anni ha visto morire sulla sella ben cinque persone, tutte vittime del traffico motorizzato. Il vocabolario certamente non riesce ad esaurire tutto ciò che solo un doloroso silenzio potrebbe suggerire. E non sta a noi fare la cronaca di una morte che, mentre ammutolisce in quanto esseri umani, costringe tutti a non poter più tacere. Perché di nuovo, ancora, essa è l’estrema ma già nota conseguenza di una situazione che vede l’automobile rivelarsi come l’emblema di una cultura occidentale votata all’auto distruzione.

A Bologna di tutto questo se ne fa esperienza quotidiana. A nulla servono le mosse ridicole di quegli amministratori che vogliono rifarsi il trucco spacciando Bologna come città della bicicletta, Bologna ciclabile, Bologna va in bici e altre formulette per l’evenienza, perché così, drammaticamente, non è. Rifiutiamo indignati queste mascherate opportunistiche, poiché esse offendono sfacciatamente chi ogni giorno sceglie criticamente, sui propri pedali, di affrontare una città congestionata per tentare di ritrovarla, per reinventarla, per amarla. E prontamente gli avvoltoi mediatici sono scesi in picchiata sulla preda, per trarne desertificanti verità preconfezionate, ma che sappiamo ormai essere già da tempo scadute. Il collegamento, ad esempio, assolutamente ideologico, fra presunta ebbrezza del guidatore, mancato rispetto delle regole stradali e morte. Sappiamo invece che sul castello di carta della famigerata “sicurezza stradale” (formula tanto in voga quanto vacua) sta in bilico una società che, suo malgrado, sconta ogni giorno gli effetti e le conseguenze della secolare mitologia del “progresso”

che si è abbandonata totalmente alla Macchina, in un delirio fideistico risoltosi ben presto in dipendenza distruttiva da conflitti armati per il controllo di territori, persone e risorse energetiche

che ha preso la forma di asfissianti realtà urbane nelle quali vige la più selvaggia norma del “si salvi chi può”

che in mezzo alle nebbie dello smog urbano si dibatte convulsa, evitando di voler riconoscere se stessa in una morte che è sempre stata già lì, per terra, sull’asfalto quotidianamente unto dall’indifferenza.

per saperne di più visita i siti:

>L’altra sera mi sono commosso a vedere 1200 persone, di cui almeno 1000 sardi, che venivano a sostenere l’intelligente iniziativa del Renàutobus. C’era calore, attenzione, affetto. E una presenza eccellente di sensibilità e generosità. Ho sentito di appartenere a un grande popolo. Una serata indimenticabile sotto tutti i punti di vista, non ultimo quello della qualità delle proposte artistiche. Non voglio continuare per non esagerare con gli aggettivi, ma credetemi: dagli anni settanta non vedevo una tale partecipazione ed un tale entusiasmo. Comunque, per chi non c’era, ecco i links divisi in due filmati:

Domani pomeriggio alle 15 parte il Renàutobus e diventa reale la scommessa che insieme al comitato Bologna per Soru abbiamo intrapreso lunedì scorso al teatro delle Celebrazioni: molti giovani potranno tornare per votare.


ragazzi, buon viaggio!

bazi in bonòra


torrades pro votare, votade pro torrare…
fintzas pro nois:

MEGLIO SORU

Dato che mi vengono rivolte da più parti domande sul “come mai”o “perché” io sostenga visibilmente Renato Soru alla presidenza della Sardegna, utilizzo questo spazio per chiarire cercando di fare in modo che le mie risposte siano il più “generali” e il meno “private”possibile.

  • Ho sostenuto Soru alle elezioni scorse e devo ammettere di non essermi mai pentito
  • Penso che Soru sia capace di garantire un clima politico e di confronto che in Sardegna manca da sempre.
  • Credo nelle proposte che Soru porta avanti viste le strade già intraprese (welfare, scuola, legge salvacoste e interesse alle comunità dell’interno, master & back, difesa del territorio e della cultura, risanamento dei bilanci…)
  • Non credo per niente nel lìder maximo alla Ceausescu. Sarebbe un taglio mentale molto più vicino al PDL. Soru, che è un uomo, in quanto tale è naturalmente soggetto ad errori.
  • Dunque votarlo non significa abbandonare la propria coscienza civile e politica nelle sue mani. Ogni eventuale errore di un governante è altrettanto imputabile al silenzio dei movimenti e dei singoli sulla medesima questione. Siamo o no individui pensanti? abbiamo un’etica?
  • La facoltà di vigilare sull’operato delle Istituzioni e di praticare eventuale dissenso, anche forte e radicale, è un’opzione garantita dalla Costituzione ai singoli ed alle associazioni. Si chiama fare politica. Oltre e nonostante le eventuali debolezze, fermezze, simpatie o antipatie personali. Non ho motivi per pensare che Soru possa mai andare contro questo principio.
  • Altra cosa che meraviglia alcuni è il fatto che io stesso sia stato protagonista di simili contingenze (vedi post su ex-zone minerarie, campi da golf, mancato o scarsissimo finanziamento di un progetto culturale da me diretto ad Asuni). Per quanto riguarda l’opzione opporsi, invio ai punti precedenti. Ma aggiungo: sono stato educato fin da piccolo ad avere uno sguardo largo… e dignità prima di tutto. Non faccio MAI questioni personali, ma politiche. I personalismi… la permalosità… mi getterebbero in una condizione di miseria interiore insanabile. Immagino e credo che anche per Soru sia lo stesso… se così non fosse, sarebbe un problema solo suo.
  • Esiste la possibilità di un voto disgiunto. Dunque ognuno potrebbe votare la formazione che preferisce. Questo sarebbe uno stimolo anche per Soru.
  • Qualcuno oggi è in grado di proporre un presidente possibile oltre lui? Certamente è il migliore che abbiamo. Basta pensare a come si sta liberando della casta, quei loschi individui che dal dopoguerra occupano le istituzioni. Il problema eventuale sarà soltanto se sbaglierà a scegliere i suoi collaboratori e gli assessori. Spero sinceramente non succeda e confido anche nell’ulteriore – triste – eventualità di correggere il tiro nel percorso.

considerazioni:

se Soru vince
in Sardegna, perde Berlusconi – e questo può creare speranze

Soru trasporta speranze come da trenta o quarant’anni nessun uomo politico ne dava

sulle speranze noi dobbiamo lavorare a mantenerle aperte e portarle avanti

Chi a Bologna ha ascoltato il lucido e chiaro discorso di Renato Soru non può non provare entusiasmo per le finestre che ha aperto sul futuro dell’Isola. Abbiamo davvero bisogno di crederci, e questo basta per sostenerlo. Non ho dubbi.
Chi a Bologna ha visto 1000 studentipieni di speranza che vogliono tornare a votare – per poi poter tornare e restare – non può non appoggiare il Renàutobus (e questi studenti e giovani lavoratori non sono certo attratti soltanto dal PD, ma da tutte le formazioni della sinistra).
Loro hanno speranze. Io alla loro età non ne avevo, e, dopo 34 anni, non so ancora quando potrò tornarmene in Sardegna come vorrei (cioè senza chiedere favori a nessuno).
Ho entusiasticamente accettato di partecipare al concerto per pagare il viaggio agli studenti. Faccio male? Credo di no. Anzi, faccio benissimo.

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Chiudo dicendo ciò che per me resta ovvio: io vengo dai movimenti e lì intendo restare (a Bologna appoggio la “città libera” diBifo e Monteventi…)
Vorrei che in Sardegna venissero eletti soltanto dei consiglieri sinceramente antimilitaristi per fare una pressione forte e finalmente risolvere la questione delle servitù militari. Riporto il comunicato del comitato gettiamo le basi verso il quale nutro una seria fiducia politica.
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ELEZIONI
Per chi persiste nell’obiettivo del “governo amico” di centrosinistra

Sul tema della schiavitù militare inferta alla Sardegna i candidati vecchi e nuovi proposti dallo schieramento di centrosinistra si distribuiscono, grosso modo, in tre gruppi:

– Molti non hanno mai tradito la scelta politica di antica data che assegna all’isola il ruolo di scuola di guerra e campo di battaglia permanente. Non potrebbe essere diversamente in uno schieramento che annovera tra i suoi grandi leader l’ex-ministro Parisi.
(
rinvio ad un mio post precedente sulla questione).

– La stragrande maggioranza, più prudente, da prova di mantenersi fedele alla tradizionale linea politica delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.

– Alcuni si sono spesi sull’esigenza di liberare la Sardegna dal giogo militare in numerose dichiarazioni stampa, con divisibilissime e sacrosante, purtroppo, scisse dall’azione concreta, non supportate dall’individuazione di strumenti adeguati e obiettivi concretamente perseguibili a breve, medio e lungo termine. Nei rari episodi in cui le parole sono state accompagnate dai fatti spesso gli strumenti adottati sono stati inefficaci e talvolta il risultato ottenuto controproducente.

Solo quattro i candidati “outsider” che hanno dimostrato di sapere e volere coniugare parole e fatti, ideali e impegno concreto in prima persona:
Claudia Zuncheddu (Rosso Mori), Rita Marras (Prc Sassari), sempre attive in tutte le lotte, hanno denotato capacità di realismo politico utilizzando mezzi e praticando percorsi adeguati a calare nella realtà “il sogno” di liberare l’isola dal ruolo infamante e devastante di base di tutte le guerre.
Giancarlo Bulla (IDV), il corrispondente della Nuova Sardegna che con un’indagine seria e accurata, sostenuta da passione e “spirito di militanza” ha contribuito a imporre l’attenzione sull’epidemia di tumori e alterazioni genetiche che ha come epicentro il poligono della morte Salto di Quirra.
Il consigliere uscente Paolo Pisu (Prc), animatore della Tavola sarda per la pace che ha dato spazio e risonanza alla lotta di popolo per Gettare le Basi militari fuori dalla Sardegna e fuori dalla Storia.

Non si fa riferimento alle forze politiche minoritarie dell’area nazionalitaria, sempre presenti in tutte le nostre lotte e pertanto straripanti di candidati impegnati da anni in prima persona con serietà e coerenza.

Comitato sardo Gettiamo le Basi

 

 

ecco il comunicato del Teatro delle Celebrazioni per la festa-concerto che servirà a finanziare il viaggio per i giovani che vogliono tornare in Sardegna a votare per le prossime elezioni regionali.

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Paolo Fresu, Ludovico Einaudi, Marcello Fois, Alberto Masala, Michela Murgia, Alessandra Berardi, Bruno Tognolini… sono solo alcuni dei protagonisti dell’evento di lunedì 9 Febbraio, alle 21, al Teatro delle Celebrazioni. Scopo della serata è raccogliere fondi per finanziare il viaggio per la Sardegna degli studenti e lavoratori sardi chiamati alle urne e che si riconoscono nella coalizione di Renato Soru.
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Una festa-concerto a sostegno di Renato Soru, candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Sardegna, si terrà lunedì 9 febbraio a Bologna, al Teatro delle Celebrazioni – via Saragozza 234. La serata, con inizio alle 21, è promossa dal comitato Bologna per Soru e dal comitato elettorale del candidato presidente, con la collaborazione del Teatro delle Celebrazioni. Ideatore e protagonista dell’evento Paolo Fresu, il più noto artista sardo, bolognese d’adozione da molti anni; con lui sul palco un altro artista molto apprezzato nella scena musicale italiana, il pianista Ludovico Einaudi, che col trombettista di Berchidda ha instaurato da qualche anno un fruttuoso sodalizio. La serata sarà poi arricchita da alcuni interventi di poeti e scrittori sardi: Marcello Fois, Alberto Masala, Alessandra Berardi, Bruno Tognolini (anche loro come Fresu bolognesi d’adozione), Michela Murgia.

L’ingresso alla serata è ad offerta libera

Scopo dell’iniziativa è raccogliere fondi per finanziare il viaggio elettorale dei molti studenti e lavoratori sardi emigrati a Bologna, ma ancora residenti in Sardegna, che intendono rientrare nell’isola per contribuire alla rielezione di Renato Soru alla presidenza della Regione; a tal proposito è stato organizzato un viaggio in pullman (partenza venerdì 13) per accompagnare gli elettori fino al porto di Livorno, all’imbarco navale per Olbia. Dalla città gallurese partirà poi, nella mattina di sabato 14, il collegamento, con tappe intermedie, verso Cagliari, per portare a destinazione coloro che abitano nel sud dell’isola. Renàutobus, come è stato scherzosamente ribattezzato, partirà da Bologna nel primo pomeriggio; il contributo richiesto ai partecipanti è di 20 euro, comprensivi del biglietto in nave (passaggio ponte).

Il Renàutobus è un’idea di “Bologna per Soru”, gruppo nato spontaneamente su Facebook per sostenere la riconferma di Renato Soru. Parola d’ordine del gruppo, che ha avuto il piacere di ospitare lo stesso Soru a Bologna nella giornata di martedì 3 in un affollato incontro alle Scuderie di Piazza Verdi, è “torramus pro votare, votamus pro torrare”. Lo slogan (torniamo per votare, votiamo per tornare) cita in limba (lingua) il più importante provvedimento della giunta Soru in materia di istruzione (il Master&Back), ed esprime gli scopi pratici e immediati del gruppo ma anche, in termini generali, la sua ragione fondativa.

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Ed ecco alcuni stralci del documento di Bologna per Soru:

«Quante volte avete simpaticamente preso per i fondelli i vostri amici costretti ad avere come proprio rappresentante, tanto per non fare nomi, un Cuffaro, un Loiero, un Fitto o un Formigoni? Volete, per i prossimi cinque anni, esser costantemente accostati ad un Ugo Cappellacci qualunque? Non si tratta della scelta oziosa tra due schieramenti contrapposti ma simili, come ormai (troppo) spesso accade nelle elezioni nazionali e locali. A contendersi la guida della nostra Regione per i prossimi cinque anni non sono solo due persone diverse, sono due visioni differenti “d’intendere e volere” la Sardegna: da una parte quella dei sardi, dall’altra quella di un piazzista brianzolo. Nemmeno tanto simpatico».

«Solo con la riconferma della coalizione di centro-sinistra guidata da Renato Soru si potranno creare i presupposti perché aumentino le possibilità che i tanti sardi che come noi sono stati costretti a emigrare per motivi di studio o lavoro possano un giorno tornare a studiare e lavorare in Sardegna, se lo vogliono, per contribuire con l’esperienza, la professionalità, le conoscenze acquisite fuori dall’isola al miglioramento delle condizioni di vita loro e di tutti i sardi, senza che siano costretti a passare tutta una vita da emigrati: votamus (a Soru) pro torrare, dunque».

il gruppo Bologna per Soru è su Facebook
mail:bolognapersoru@gmail.com

>la palese inconsistenza del figlio del commercialista di Arcore sta sfiorando picchi di drammaticità – Cappellacci è il nulla che avanza offendendo anche il più piccolo barlume di intelligenza – notizie sempre fresche sul sito di Michela Murgia, da cui ho tratto la significativa immagine qui sopra. Qui si capisce che basterebbe una parvenza di cervello, sia pure automatico come quello di Google, per chiarire tutto.

Nel video viene svelato il perché Berlusconi ha scelto Ugo Cappellacci

e dopo la giornata della memoria, si ricomincia a smemorare in un rituale che ormai è diventato vuoto e formale come, per esempio, un 8 marzo preceduto e seguito da stupri e violenze sistematiche sulle donne…

non ci piace assistere immobili all’accapparramento da parte delle istituzioni di tematiche e territori che riguardano più lo spirito e la coscienza di ognuno… per un giorno all’anno possono dare una cristiana sciacquatina con i buoni sentimenti e poi… si continua peggio di prima: genocidi, guerre, pulizie etniche, razzismi…

tanto per non fargliela passare liscia troppo facilmente, pubblico una lettera per la giornata della memoria di Michael Warschawski, israeliano di Alternative Information Center

18 gennaio 2009

Assolutamente No! Non nel loro nome, non nel nostro.

Ehud Barak, Tzipi Livni, Gabi Ashkenazi e Ehud Olmert – non osate mostrare la vostra faccia durante una cerimonia per commemorare gli eroi del ghetto di Varsavia, Lublin, Vilna o Kishinev. E neanche voi dirigenti di Peace Now, per cui la pace significa la pacificazione della resistenza palestinese, con ogni mezzo, incluso la distruzione di un popolo. Se ci sono, io stesso farò il possibile per espellervi da questi eventi, perché la vostra presenza sarebbe un sacrilegio immenso.

Non nei loro nomi.

Non avete diritto di parlare in nome dei martiri del nostro popolo. Voi non siete Anna Frank del lager di Bergen Belsen, ma Hans Frank, il generale tedesco che agì per affamare e distruggere gli ebrei di Polonia.

Non rappresentate nessuna continuità con il ghetto di Varsavia, perché oggi il ghetto è qui davanti a voi, il bersaglio dei vostri carri armati e la vostra artiglieria, si chiama Gaza.
Gaza, che voi avete deciso di eliminare dalla carta, come il generale Frank voleva eliminare il ghetto. Ma a differenza dei ghetti di Polonia e Bielorussia, dove gli ebrei sono stati abbandonati da quasi tutti, Gaza non sarà eliminata perché milioni di uomini e donne da tutto il mondo stanno costruendo uno scudo umano potente su cui campeggiano due parole: Mai Più!

Non nei nostri nomi.

Insieme a decine di migliaia di ebrei, dal Canada alla Gran Bretagna, dall’Australia alla Germania, vi avvertiamo: non osate parlare a nome nostro perché vi perseguiremo, anche – se necessario – nell’inferno dei criminali di guerra, e vi ricacceremo le parole in gola, fino a farvi chiedere perdono per averci coinvolto nei vostri crimini. Noi, e non voi, siamo i figli di Mala Zimetbaum e Marek Edelman, di Mordechai Anilevicz e Stephane Hessel, e portiamo il loro messaggio all’umanità per tutelare la resistenza di Gaza: “Lottiamo per la nostra e la vostra libertà, per il nostro e il vostro orgoglio, per la nostra e la vostra dignità umana, sociale e nazionale” (Appello dal Ghetto al mondo, Pasqua, 1943)

Ma per voi, leaders di Israele, “libertà” è una parola sporca. Non avete nessun orgoglio e non capite il significato della dignità umana.

Noi non siamo “un’altra voce ebrea”, ma invece l’unica voce ebrea capace di parlare a nome dei martiri torturati del popolo ebreo. La vostra voce non è altro che l’antico clamore bestiale degli assassini dei nostri antenati.

pulizie a Gaza
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Absolutely Not in Their Name, Not in Ours

Michael Warschawski, Alternative Information Center (Israel)
Jan 18, 2009

Absolutely Not! Not in Their Name, Not in Ours.
Ehud Barak, Tzipi Livni, Gabi Ashkenazi and Ehud Olmert–don’t you dare show your faces at any memorial ceremony for thehttp://www2.blogger.com/img/blank.gif heroes of the Warsaw Ghetto, Lublin, Vilna or Kishinev. And you too, leaders of Peace Now, for whom peace means a pacification of the Palestinian resistance by any means, including the destruction of a people. Whenever I will be there, I shall personally do my best to expel each of you from these events, for your very presence would be an immense sacrilege.

Not in Their Names

You have no right to speak in the name of the martyrs of our people. You are not Anne Frank of the Bergen Belsen concentration camp but Hans Frank, the German general who acted to starve and destroy the Jews of Poland.

You are not representing any continuity with the Warsaw Ghetto, because today the Warsaw Ghetto is right in front of you, targeted by your own tanks and artillery, and its name is Gaza. Gaza that you have decided to eliminate from the map, as General Frank intended to eliminate the Ghetto. But, unlike the Ghettos of Poland and Belorussia, in which the Jews were left almost alone, Gaza will not be eliminated because millions of men and women from the four corners of our world are building a powerful human shield carrying two words: Never Again!

Not in Our Name!

Together with tens of thousands of other Jews, from Canada to Great Britain, from Australia to Germany, we are warning you: don’t dare to speak in our names, because we will run after you, even, if needed, to the hell of war-criminals, and stuff your words down your throat until you ask for forgiveness for having mixed us up with your crimes. We, and not you, are the children of Mala Zimetbaum and Marek Edelman, of Mordechai Anilevicz and Stephane Hessel, and we are conveying their message to humankind for custody in the hands of the Gaza resistance fighters: “We are fighting for our freedom and yours, for our pride and yours, for our human, social and yours” (Appeal of the Ghetto to the world, Passover 1943)

But for you, the leaders of Israel, “freedom” is a dirty word. You have no pride and you do not understand the meaning of human dignity.

We are not “another Jewish voice”, but the sole Jewish voice able to speak in the names of the tortured saints of the Jewish people. Your voice is nothing other than the old bestial vociferations of the killers of our ancestors.