>ricevo e pubblico il comunicato che segue.
Ma approfitto per ricordare il ‘duro’ (uso un dolce eufemismo) rapporto dell’Italia con la Sardegna, caduta, ahimé, nelle sue avide spire un paio di secoli fa.
Ebbene, da circa duecento anni l’Italia ha agito come la Turchia con i Curdi o la Russia con i Ceceni. La sanguinosa colonizzazione è arrivata con due leggi pesanti: divieto delle lingue (abolita solo recentemente su pressione della Comunità Europea) e creazione della proprietà privata delle terre per originare una borghesia agraria che reggesse il sistema.
E sempre repressione, carceri, basi militari… pensate che a Nuoro c’è una divisa ogni otto abitanti. Infine il turismo… “quel turismo” che è riuscito persino a cambiare la toponomastica dei luoghi. La storia è lunga e costellata di morti e di ingiustizia.
La colpa dei sardi? essere sardi in un isolamento intellettuale e politico che viene indiscriminatamente da tutte le componenti, da destra a sinistra.
Normalmente gli intellettuali, gli artisti, tutti coloro che dovrebbero avere una relazione immediata ed abituale con le questioni etiche, in Italia come in Sardegna tacciono infastiditi o ne sorridono con sufficienza, portando la responsabilità colpevole di una complicità con i sistemi repressivi. La criminalizzazione di un popolo, la sua espropriazione culturale e materiale, è un percorso tipico di ogni colonizzazione. Cercare di resistere, soprattutto culturalmente, è un crimine. Questo, a mio parere, appare il caso dei dieci arrestati in base ad un TEOREMA di cui finora non si conoscono elementi concreti. Chiediamo di saperne di più.
ECCO IL COMUNICATO
11 luglio, Sassari trema. Alle cinque del mattino gli elicotteri della polizia prendono d’assalto la città, decine di uomini delle forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa fanno irruzione a casa di 55 militanti dell’organizzazione “a Manca pro s’Indipendentzia”. Il bilancio dell’operazione “Arcadia” è di dieci arresti: Emanuela Sanna, Pier Franco Devias, Marco Delussu, Marco Peltz, Salvatore Secchi, Roberto Loi, Bruno Bellomonte, Stefania Bonu, Alessandro Sconamila e Massimiliano Nappi. Accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Tutti appartenenti secondo gli inquirenti a due formazioni terroristiche: Npc (Nuclei proletari per il comunismo) e Oir (Organizatzione indipendentista rivolutzionaria). Gruppi armati, secondo l’inchiesta, che si sarebbero resi responsabili, negli ultimi quattro anni, di almeno trenta fra attentati dinamitardi e azioni dimostrative. Passa un mese, passano due mesi, Bruno Bellomonte viene scarcerato perché la macchina delle intercettazioni s’inceppa. Bellomonte, al tempo di un’intercettazione effettuata a Sassari, si trovava in Tunisia. Mentre per Massimiliano Nappi, Stefania Bonu e Alessandro Sconamila, il Tribunale del riesame decide di tradurre la carcerazione preventiva in arresti domiciliari. Chi conosce i ragazzi di “a Manca” trova davvero improbabile l’ipotesi del pm De Angelis, che vedrebbe nei militanti dell’organizzazione dei pericolosi criminali che hanno attentato all’incolumità delle persone in varie occasioni.
Naturalmente la giustizia deve fare il suo corso e riponiamo nelle istituzioni fiducia perché la verità prevalga. Ma chiediamo anche che l’inchiesta sia veloce e si arrivi presto al processo, come del resto dovrebbe essere in tutti i casi nei quali ci sono detenzioni preventive, tanto più che le accuse risalgono a fatti accaduti oltre 18 mesi fa. Non esiste certo la possibilità di inquinamento delle prove. Né il pericolo di reiterazione del reato. Anche il trasferimento improvviso (del 23 ottobre) di Salvatore Sechi dal carcere cagliaritano del Buoncammino a quello di massima sicurezza di Parma appare poco comprensibile per il momento in cui avviene.
CHIEDIAMO DUNQUE CHE SU QUESTA INCHIESTA NON CALI IL SILENZIO.
sito del comitato 11 luglio
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