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ecco il comunicato/petizione della RETE LILLIPUT per opporsi alla svendita delle aree minerarie sarde
è importante aderire e mobilitarsi per una Sardegna non più colonia turistica, industriale, penale, militare
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Federico Aldrovandi, 18 anni, muore il 25 settembre 2005 durante un controllo di polizia. Stava rientrando a casa dopo una serata di fine estate con gli amici.
Alle versioni, fornite dalla Questura di Ferrara, che parlavano di malore dovuto all’uso di sostanze, si è giunti, dopo cinque mesi e mezzo, all’iscrizione nel registro degli indagati di quattro agenti della Polizia per omicidio preterintenzionale.
Ciò è stato possibile grazie al costante e coraggioso impegno della madre e della famiglia del ragazzo che, per mezzo di un BLOG, ha diffuso l’evento denunciando le tante ombre di questa vicenda.
Qui l’articolo del Manifesto del 17 giugno
CASO ALDROVANDI
«Così lo pestarono a morte»
«Lo hanno immobilizzato e preso a calci». Anne Marie Tsague e suo figlio, camerunensi, hanno visto tutto dal balcone di casa. «Avevo paura di testimoniare per non perdere il permesso di soggiorno. Ma don Bedin mi ha convinta a fidarmi della legge» Cinzia Gubbini – Ferrara
Un pestaggio in piena regola. Violento, immotivato e purtroppo fatale. Così ieri, durante un lunghissimo interrogatorio in incidente probatorio, la teste chiave del caso Aldrovandi ha descritto la morte di Federico, il diciottenne ferrarese deceduto durante un intervento di polizia lo scorso 25 settembre. Anne Marie Tsague, 35 anni, camerunese, quella mattina alle sei era sul balcone del suo appartamento al primo piano di via dell’Ippodromo.
Era stata svegliata da strani rumori, e dai lampeggianti delle volanti. Si è affacciata alla finestra e, sconvolta, ha assistito all’ultima parte di una strana «colluttazione» in cui un ragazzo solo viene manganellato da quattro poliziotti, che lo atterrano con facilità e continuano a prenderlo a calci anche quando ormai è completamente immobilizzato.
Anne Marie arriva per prima, ieri mattina, al tribunale di Ferrara, scortata da due agenti di polizia. E’ sola. Sfoglia il quotidiano free press City e finisce sempre sulla pagina delle previsioni del tempo. Poco dopo arrivano Patrizia Moretti e Lino Aldrovandi, i genitori di Federico, accompagnati dall’avvocato Fabio Anselmo. Patrizia e Lino non hanno mai visto Anne Marie, ma ne hanno sentito molto parlare. Si scambiano solo una rapida occhiata, per i genitori di Federico dalle sue parole dipende la possibilità di sapere la verità su come è morto il figlio. L’aula del tribunale si riempie velocemente: quattro avvocati per gli Aldrovandi, altrettanti per i quattro poliziotti. Arrivano anche il pm Nicola Proto e Severino Messina, il procuratore capo (di cui si ricordano le conferenze stampa per dire che le botte dei poliziotti non hanno ammazzato Federico). A Proto, che ha sostituito il pm Guerra, si deve l’iscrizione (a marzo) degli agenti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio preterintenzionale e la richiesta di incidente probatorio per sentire la testimonianza di Tsague e di suo figlio che, essendo stranieri, potrebbero perdere il soggiorno e essere espulsi. Il figlio di Anne Marie, ancora minorenne, ieri però non c’era: è in Camerun, dove la madre lo ha prontamente spedito a finire la scuola pochi giorni dopo la morte di Federico. Ma sta per tornare. Il 25 luglio verrà interrogato dal gip Silvia Giorgi.
Aveva paura Anne Marie, paura di «mettersi contro i poliziotti». Lo ha spiegato ieri al giudice, ai pm e agli avvocati. «Il mio permesso scade a settembre, non volevo mettermi nei guai. Poi ho detto tutto in confessione a Don Bedin, e lui mi ha convinto a non avere paura. Così ho deciso di parlare, e sono contenta perché sennò stavo male». La donna ha raccontato tutto rispondendo colpo su colpo alle domande degli avvocati della difesa.
«Quando sono andata alla finestra ho visto due macchine della polizia, una accanto all’altra». Siamo quindi nella seconda fase: Federico ha già dovuto affrontare la prima volante che era intervenuta dopo la chiamata allarmata di un’abitante di via dell’Ippodromo, preoccupata dalla presenza in strada di un ragazzo «agitato». Poi Anne Marie vede anche Federico, che va verso i poliziotti «con passo deciso». Si trova in mezzo ai quattro agenti e tenta «una specie di sforbiciata con le gambe» che però non riesce a colpire nessuno. La reazione degli agenti è immediata, e violenta. Iniziano a manganellarlo in quattro, uno lo tira per i capelli per farlo cadere a terra. A quel punto lo bloccano in tre: un agente (la donna) gli tiene le caviglie, un altro le ginocchia e un terzo il petto. Il quarto sta in piedi all’altezza della testa e lo prende a calci, ogni tanto si allontana verso la macchina (probabilmente per comunicare con la centrale) e a tratti torna indietro per prenderlo ancora a calci. Anne Marie sente la donna dire anche
«Apri il baule». E un«altra frase: «C’è tanto sangue», «Mica siamo stati noi, è la roba». Quando i legali degli agenti obiettano che dal suo balcone non poteva vedere con precisione se i calci erano diretti alla testa, lei risponde: «E’ chiaro che glieli dava in testa, a meno che non scalciasse nel vuoto».
Gli avvocati dei poliziotti per ora rimangono molto abbottonati (gli agenti si avvalgono della facoltà di non rispondere). Giovanni Trombini lamenta di nuovo «la decisione di iscrivere i poliziotti nel registro degli indagati in una fase avanzata delle indagini» ma sullo svolgimento dell’incidente probatorio si limita a dire: «Ora sappiamo cosa dice di aver visto e sentito la signora». Cosa abbia causato, in ultima analisi, la morte di Federico dovrà stabilirlo però la perizia della Procura: ieri sono stati nominati due periti , un medico legale e un tossicologo che dovranno fare il punto sulle ferite riscontrate sul corpo del ragazzo e sulle sostanze stupefacenti che aveva assunto quella sera. «Sono agghiacciata, è stato un racconto cruento.
Ma sono anche grata a questa donna eccezionale», dice all’uscita Patrizia Moretti. Molto scosso Lino Aldrovandi: «Vorrei vedere in faccia i quattro poliziotti. Cosa deve fare un cittadino per sapere la verità? Nessuno è mai venuto a spiegarmi niente». «Anne Maire dà una lezione di senso civico a tutti», dice l’avvocato Anselmo. In molti probabilmente hanno visto, ma per ora solo Anne Marie ha lanciato un’accusa precisa . Nonostante il permesso di soggiorno in scadenza.
le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al falso e allo sfruttamento della prostituzione.
Il noto pregiudicato Vittorio Emanuele di Savoia, tessera P2 n.1621, è di nuovo in galera insieme al portavoce di Fini, al sindaco di Campione d’Italia e ad altri delinquenti.
L’assassino impunito di Dirk Hammer, degno discendente di quel criminale che nel 1938 firmò le leggi razziali, è di nuovo in cella.
Credendo di interpretare il sentimento del popolo sardo e di molti italiani, auguriamo a Sua Maestà che ci rimanga a lungo.
Per il momento non abbiamo dichiarazioni dal suo caro amico Silvio né dall’altro suo supporter torinese, Piero (Fassino).
Assessorato alle Politiche Culturali e Turismo
PARMAPOESIA FESTIVAL 2
24 GIUGNO 2006
Ore 22,30
Teatro al parco
POETRY SLAM
In collaborazione con Teatro delle Briciole
A cura di Daniela Rossi
Master of ceremony
Lello Voce
Partecipano:
Silvia Cassioli, Francesco Forlani, Florinda Fusco, Rosaria Lo Russo, Alberto Masala, Luigi Nacci, Luciana Preden, Chistian Raimo, Simone Savogin, Sparajurij Lab.
Premio 300 €
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Il 16 aprile dello scorso anno l’incidente, poi il ricovero e otto lunghissimi mesi di coma.
Roberto Bozzetti – Pappa DJ Rodriguez è deceduto alla Casa Risvegli di Bologna. Domenica 2 luglio ci sono stati i funerali.
“Per me è e resta il più grande D.J. del pianeta, dotato di un gusto musicale e di una tecnica ad oggi, non eguagliata. Roberto è stato sfortunato, troppo per la persona che è, troppo per le notti di allegria e musica che ha saputo regalarci sempre e senza mai risparmiarsi“.
Immigrazione incarcerata, neoliberismo e carcerizzazione dell’esclusione sociale, sistema-carcere come regolatore del conflitto sociale in Italia e nell’occidente capitalistico.
“… e intanto scrivo sulle sbarre della gabbia
una speranza a scoppio ritardato…”
la libreria è a cura di MODO INFOSHOP INTERNO/4
il Barrio – Rassegna di arte, musica e spettacoli
manifesto per il tavolo poetico del social forum di bologna
manifeste pour la table poétique du social forum de bologne
manifiesto por la mesa poética del social forum de boloña
manifest per la taula poètica del bologna social forum
italiano – français – castellano – català
per ascoltare
andate da Paolo Angeli, cliccate “discography/the collaboration/Alberto Masala”
o anche qui con Terroritmo
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il maqam, parola araba, è una struttura musicale, ma anche un concetto: indica le prove, gli ostacoli, i passaggi iniziatici che il pellegrino incontra nel cammino verso la Mecca, ma, in un senso più esteso, quello in cui io stesso l’ho voluto usare, verso la purificazione, l’unità armonica dell’essere fisico e metafisico.
Non ho trovato una parola che fosse più sintetica ed espressiva
Questo testo si ispira – in maniera ideale – alla struttura improvvisativa del maqam. Basato su due ritmi alternati ed un ritmo finale risolutivo, incrocia delle domande in francese e delle risposte in sardo, ma può essere combinato anche con altre lingue.
qui la versione originale del testo in francese/sardo insieme alle traduzioni complete in sardo, catalano, italiano: testo maqam
e, da ascoltare, in francese /italiano con la mia voce e le musiche di Terroritmo – è disponibile anche il download
Sul Maqam come “contro/rappresentazione della modernità”, vedi invece un bell’articolo di Iain Chambers – di cui cito un passaggio:
“l’arte rappresenta il rifiuto incessante a porre una fine e dunque ad accettare lo stato presente delle cose; in ultima analisi, resta non inquadrabile, e dunque senza forma o dimora fissa. Nel suo rifiuto del suolo, della proprietà e delle convenzioni sociali, l’arte è sempre in divenire verso un altrove incerto. L’arte non trionfa sulle ragioni della modernità, piuttosto le attraversa, asserendo un altro spazio, nel complesso più ambiguo, in cui la domanda del desiderio di finalità è sospesa. In questo risiedono la sua autonomia e la sua politica”.
le Sarde de l’interieur est ma langue maternelle
mais souvent dans l’écriture j’en utilise des autres
des fois je les melange, ou, l’italien à part, j’écris directement en l’autre langue – même en français.
vous pouvez écouter le texte à Artaud, dans proveniamo da estremi