>
Come una catastrofe che si ripete ogni anno bloccando la città, eccolo puntuale: il Motor Show.
Per chi non l’avesse mai subito, prendo qui un’affermazione da Bologna Città Libera: “… E’ come una fiera dell’eroina. Vendono veleno e ve lo fanno pagare caro”.

Ed è davvero così. Migliaia di giovani invadono Bologna da tutta Italia, come cavallette instupidite, per accarezzare una Ferrari e fotografare le seminude testimonial dell’imbecillità. A conferma di questo basti pensare che una dose minima (il biglietto d’ingresso) costa ben 30 euro.
Donne e motori, festival dell’idiozia per idioti che festeggiano con tiri di coca in attesa di passare presto al Viagra. Non spendo parole su questi “bravi ragazzi” che come massimo obiettivo di realizzazione e di integrazione sociale hanno due modelli: stare con gli ultrà o mettere una divisa.
Venite a vederli: sono il nostro futuro, il domani che ci attende.

Ma prima andate a leggere l’appello di alcune donne di Bologna sui messaggi sessisti del Motor Show: “Donne e Motori ? Preferiamo donne e uomini veri”.

Ed un avviso apparso nei cessi delle scuole di Bologna

Forse non è ancora tutto perduto!

riprendo una notizia, forse sfuggita ai più, uscita sull’edizione regionale di Repubblica a Parma il 27 novembre

è terribile e non necessita commenti

ricorda la storia di Federico Aldrovandi (vedi post precedenti)
e solo per caso non ha avuto le stesse drammatiche conseguenze.

l’articolo, a firma di Giacomo Talignani, si intitola: Bonsu, altro orrore dei vigili. Foto trofeo con “la scimmia”.

In pratica si tratta di questo: ricordate Emmanuel Bonsu, il giovane fermato e pestato dai vigili di Parma? Una brillante operazione di ordine pubblico. Ora la procura ha trovato sul computer di un agente la foto, cancellata, di un vigile che abbraccia Emmanuel mostrandolo come un ricordo di caccia.

Come Abu Ghraib. Un vigile della polizia municipale di Parma si fa fotografare mentre abbraccia la “scimmia” Emanuel Bonsu, indicando il suo occhio tumefatto come trofeo. Come nella prigione irachena dove i carcerieri mostravano i detenuti nudi, feriti, maltrattati e senza più dignità. (continua a leggere)

metto qui l’indicazione di un appello promosso dalla Segreteria Provinciale FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri ) di Modena che vi invito a leggere e sottoscrivere nel sito di Arcoiris.

Riguarda un emendamento presentato in Senato dalla Lega Nord – Padania per abolire la gratuità della prestazione urgente ed essenziale agli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale e privi di risorse economiche.

Propone inoltre l’obbligo per le autorità sanitarie di segnalarli all’autorità competente.

Cosa chiedono in sostanza? Che gli immigrati privi di permesso di soggiorno, soprattutto i bambini, non possano godere di cure mediche urgenti. Anzi, nel caso si presentassero a richiederle, vorrebbero che fossero denunciati.

Oltre ad andare contro un dovere deontologico, questo violerebbe anche un diritto costituzionale (art.32) e la Convenzione ONU di New York del 20.11. 1989 sui diritti del fanciullo.

Se avete un improvviso vuoto di memoria e volete sapere come è fatto un bambino immigrato, eccone qui alcuni.

>

la sentenza di Genova
sui fatti della Diaz è una

V E R G O G N A

IN ITALIA
STA TORNANDO
IL FASCISMO

e chi tace ne è complice

>Parigi? quartiere latino…
San Francisco? North Beach…
Berlino? Kreuzberg…
Amburgo? St. Pauli…
Barcellona? barrio gotico, barrio chino, ecc…
e Amsterdam… Cagliari… Palermo… Istanbul… Madrid… Roma…
ovunque tranne che a Bologna…

tutte città dove si dorme benissimo, dipende solo dalle proprie nevrosi… dalla propria infelicità

il Pratello di giorno

io viaggio per LAVORO e dunque ho un diritto al riposo NON MINORE di chiunque altro
per esempio: l’ultima volta a Parigi, in strada sotto la finestra del mio albergo, c’era un gruppo rock-duro, amplificato, in pieno centro. Per TRE GIORNI mi è stata fatta una serenata MOLTO RADICALE fino all’una di notte. – prima sera, rock – seconda sera, reggae – terza sera, percussioni afro ed elettronica (bella sperimentazione, la migliore…)

L’unica difficoltà è stata quella di entrare e uscire dall’albergo, vista la folla. TUTTI AVEVANO UNA BOTTIGLIA IN MANO e si godevano la musica. TUTTI I LOCALI (a centinaia) intorno erano aperti e pieni di gente fino alle 3 di mattina. Non vedevo vigili da nessuna parte… la maggioranza delle persone sorrideva… ho scambiato degli interessanti commenti sulla qualità della musica col portiere del mio albergo, poi ho dormito. Ma pensavo: “se succedesse a Bologna… ci sarebbero già i carri armati ad occupare il quartiere…”
se dovessi tornare a Parigi e non volessi sentire nessuno, oggi prenoterei l’albergo in un’altra zona

ma voi… residenti del Pratello che protestate per il “rumore” ottenendo dal sindaco sceriffo un’ordinanza per far chiudere tutti i locali alle 22, voi…

perché avete comprato casa nel Pratello?
volevate ridurlo ai vostri paradigmi di esistenza?
avevate valutato il rischio di non riuscirci?

io avrei un’ipotesi da azzardare: avete comprato lì, in una vecchia via di prostitute e ladruncoli, perché costava poco. Molti di voi hanno addirittura “investito” nell’affare, subaffittando a studenti in attesa che la via si “ripulisse” e i prezzi degli immobili salissero all’inverosimile. Una via del centro fa gola a chiunque voglia speculare. E voi ci state provando. Ma allora lasciamo da parte i “diritti” (ché quello al silenzio non è più rilevante di quello alla socialità) e parliamo di affari: ogni investimento comporta dei rischi. Investire nel Pratello significa rischiare che le osterie non chiudano, anzi… dato che il comune ha emesso le licenze, che aumentino. E, investimento per investimento, beh… sto dalla parte di chi vende kebab o birra, non certo da quella di chi vorrebbe che tutto fosse inscatolato. Gli studenti che voi attirate a Bologna e spremete fino al midollo non hanno né devono avere i vostri ritmi o i vostri rituali. Vendete casa finché siete in tempo (che già ora vale dieci volte quello che l’avete pagata) e riacquistatela due strade più in là… succede…

il Pratello di notte

dunque una domanda agli studenti:
perché continuate a venire a Bologna?
perché continuate a fornire danaro e intelligenza a questa città così oscura, fatta per impedire il cielo?
perché non vi rendete conto che altrove si studia meglio e costa tutto la metà e, soprattutto, la gente sa ancora sorridere?…
andatevene… lasciate che questa città soffochi nelle nebbie della sua stessa decomposizione
Bologna ha perso la sua nobiltà proletaria: è una città di parvenus, di vecchi arricchiti che non sanno nemmeno fare il pane, ma lo vendono al doppio del suo prezzo

esperienza personale:
ho vissuto nel Pratello e non ho MAI provato fastidio per le voci umane o i rumori naturali, anzi… gli unici rumori per i quali ho sofferto – perché infastidivano mia figlia appena nata in casa, nel Crusél, il crociale angolo Pietralata-Pratello – e contro i quali ho lottato, erano:
1. i camion del rusco (il pattume per chi non è di Bologna), quelli del lavaggio strada o della campana del vetro scaricata alle due, le tre, le quattro di notte
2. i bonghi dei “bongoloidi”, ma perché non sapevano suonare, non era musica, solo battiti autistici…

cito un passaggio da un libro di qualche anno fa in cui mi si chiedeva di parlare di Bologna.
Sebbene residente ed abitante, risposi con un paradosso perché considero l’abitare un luogo il poter godere di tutte le occasioni di socialità e di cultura (ahi ahi, Bologna!… socialità?… cultura?…) che quel luogo offre: risposi che sto a Bologna, ma non abito a Bologna.
Infatti in questa città ormai vengo solo per dormire e non esco più di casa per paura di incontrare i suoi terribili abitanti, i “comitati dei residenti”, i sindaci sceriffi, la tipa psicofarmacizzata ed alcolista che per solitudine contina a denunciare da anni l’osteria sotto casa sostenendo che sente la gente parlare… e che nei giorni di chiusura o di ferie dell’osteria si aggira furiosamente ubriaca insultando chi passa per la strada. Poveretta… rimane per un po’ senza nemici…
e pensare che quando arrivai a Bologna, più di trent’anni fa, oltre alla vitalità della città mi colpì quella dei suoi vecchi, simpatici, allegri e dolcemente trasgressivi…

scusate l’auto-citazione, ma mi pare a proposito. eccola:

————————–
“… Un altro fattore rilevante è che io non abito a Bologna … dove mi appoggio ormai da una trentina d’anni. Qui ho trasportato spesso il mondo che mi appartiene, qui sto, ma di passaggio. Però non abito più qui. Trasferisco da altrove le cose che qui vivo, oppure, da qui, le sposto altrove. Abitando in me stesso. Ormai sono soltanto io il luogo da cui vengo, e se parlassi di Bologna dovrei farlo parlando troppo di me, di quel nulla che si fa attraversare da Venezia, Amsterdam, Berlino, la Spagna, il Maghreb, Istanbul, la Sicilia, la Francia, gli Stati Uniti, i Balcani… e, sopra di tutto, la mia Sardegna perenne.

Sempre ostinatamente tornando a questa città senza vento, fatta per impedire il cielo, la luce, lo sguardo lungo.

A Bologna, come non succede da nessun’altra parte, l’intelligenza piove di scroscio ininterrotto. Ma queste strade ben impermeabilizzate non la sanno assorbire, questi portici ne nascondono i flussi, e quel poco che resiste, che non scorre veloce alle cloache, forma pozzanghere brillanti asciugate lentamente dal calore dell’indifferenza. A volte non lasciando nemmeno ricordo.”
———————————————–

un’ultima cosa: andate a vedere come il comune stesso spaccia per vitale questa città utilizzando le foto della festa del Pratello del ’92, di cui anch’io ero promotore.
Se non ricordo male, era una reazione gioiosa e trasgressiva all’arroganza della municipalità: si faceva una festa (e non una lotta armata) per mettere la questione della mancanza di spazi abitativi e di socialità. Infatti tutto partiva dalle case occupate ai n. 76 e 78 della via. Oggi nel sito del comune sembra che l’abbiano fatta loro e che la città sia viva! La cosiddetta faccia come il culo. Nonostante non sia la prima volta che succede, non riesco ad abituarmi…

alberto masala

festa del Pratello nel ’92

dopo una lunga assenza (di viaggio e lavoro) mi piace riapparire con qualcosa che non parli delle ultime notizie che, giorno per giorno travolgendo le precedenti, catturano l’attenzione e ricoprono di silenzio ciò che era successo poco prima… pensateci: da questa estate, un negro è stato eletto presidente degli USA cancellando dalla nostra attenzione un altro negro ammazzato di botte per un pacco di biscotti, o un altro pestato e fermato dopo avergli scritto negro sui documenti… è la globalizzazione, baby… una mano lava l’altra.
Intanto il fascismo avanza comunque facendo arretrare ogni logica ed ogni equilibrio. Gelli fa la TV, Berlusconi ne applica il programma fedelmente, a Roma alcuni arditientrano alla RAI facendo gridare allo scandalo, in piazza la polizia dimostra di essere sempre più fascista, Cossiga in arterio finalmente parla più chiaro delle altre volte, ma non succede niente… spero solo che campi abbastanza per dirci qualcosa su chi ha messo le bombe da Piazza Fontana in poi, cosa è davvero successo ad Ustica, ecc… chiedo solo che, per favore, lo si lasci continuare a parlare quanto desidera…

Ma la vera notizia è un’altra: questa lettera del comitato Dal Molin che riassume il senso di tutto ciò che ho detto prima. La riporto intatta, anche se vi consiglio di visitare il loro sito dove troverete molto di più. Abbracci e contento di ritrovarvi (se non vi ho già tutti persi per strada).

Le nostre onde seguono la stessa rotta

Lettera aperta agli studenti, ai precari, agli insegnanti, ai genitori impegnati nella difesa di un bene comune: la scuola e l’università Vi abbiamo visto nelle strade e nelle piazze delle nostre città. Abbiamo incrociato i vostri sguardi e abbiamo ritrovato la nostra determinazione: quella di chi non cerca un privilegio ma con il proprio impegno difende l’oggi di se stesso e il domani di tanti altri. (continua a leggere qui…)

Appello del Comitato per la Palestina

Non ci sono più scuse… ma ho i miei fondati dubbi che questo appello venga accolto: il Salone è uno sporco business, e qualcuno deve farlo… anche se quest’anno gronderà sangue.

Per aderire scrivere a: fieralibera@libero.it

Revocate adesso la decisione di dedicare a Israele
la Fiera del Libro di Torino

Con questo appello torniamo a chiedere alla direzione della Fiera del Libro di Torino di revocare la decisione di avere come ospite d’onore lo Stato d’Israele per l’edizione 2008. Gli chiediamo di farlo ora e di dedicare questa edizione della Fiera del Libro alla pace cioè ad un “paese morale” coniugabile e comprensibile in molte lingue

salaam, shalom, peace, paix, frieden, mir, pace, paz.
  1. Chiediamo di revocare una decisione sbagliata ed inopportuna fortemente condizionata dalla volontà delle autorità israeliane di celebrare in un importante evento culturale in Italia un atto esplicitamente politico come la celebrazione dei sessanta anni della nascita dello Stato di Israele. Occultare la Palestina e il dramma del popolo palestinese – indissolubilmente connessi alle scelte concrete di Israele – è stata una forzatura che non poteva passare sotto silenzio, né in Italia nè altrove. Tanto più alla luce della mattanza scatenata dalle forze armate israeliane contro la popolazione palestinese di Gaza.

 

  • A nessuno è sfuggita la dimensione politica e per molti aspetti strumentale della decisione di dedicare a Israele l’edizione 2008 della Fiera del Libro. Questa dimensione tutta politica, non può essere occultata dal tentativo di disegnare la contestazione e il dissenso dalla scelta della direzione della Fiera del Libro di Torino come una operazione tesa ad imbavagliare la cultura o di mettere a tacere la letteratura ebraica ed israeliana. Nulla di più falso. Al contrario riteniamo che proprio il tentativo di utilizzare la cultura come forma di legittimazione della politica di uno Stato sia un’offesa verso il buonsenso dell’opinione pubblica, una strumentalizzazione della libertà di espressione e del ruolo degli scrittori. Allo stesso modo riteniamo maldestro e fallace il tentativo di lasciar credere che la campagna di contestazione della Fiera del Libro di Torino sia partita dalle capitali dei paesi arabi e islamici e non da una spinta dal basso della società civile italiana. E’ accaduto esattamente il contrario sia sul piano cronologico che politico. E’ stato solo dopo che associazioni e comitati impegnati nella solidarietà con il popolo palestinese hanno contestato la decisione di dedicare a Israele la Fiera del Libro che il dibattito e l’allarme hanno raggiunto la sponda sud del Mediterraneo. Solo in seguito alle denunce delle associazioni sono venute crescendo proteste e proposte di boicottaggio anche tra gli scrittori e le istituzioni del mondo arabo-islamico. Affermare il contrario è una falsità che non aiuta la discussione né la soluzione.
  • Gli echi e i contraccolpi di questa iniziativa di contestazione in Italia sono stati talmente forti e argomentati che scrittori e intellettuali arabi, israeliani e arabi-israeliani hanno deciso di non partecipare ad un evento che celebra i sessanta anni della nascita di uno Stato nato sulle spalle della popolazione palestinese e che definisce questo anniversario come Nakba (la catastrofe). E’ ormai evidente che sono molti ad aver compreso che così come è stata concepita e costruita la Fiera del Libro di Torino di quest’anno, l’ha trasformata in un evento scivoloso e strumentalizzabile, decidendo di conseguenza, pubblicamente o meno, di tenersene alla larga. Ciò dimostra che l’operazione fin qui tentata è fallita e che la direzione della Fiera del Libro ha un’ultima possibilità di evitare tensioni, polemiche e strumentalizzazioni che condizioneranno pesantemente un evento culturale come quello di maggio a Torino.

 

C’è solo una decisione da prendere e noi torniamo a chiedere con questo appello che venga presa adesso: revocare la decisione di dedicare a Israele la Fiera del Libro e dedicare l’edizione di quest’anno alla pace. E’ l’unica scelta che può restituire contenuto e dignità alla Fiera del Libro e forse riparare ad alcuni dei danni fatti nelle relazioni culturali tra l’Italia e il resto delle società del Mediterraneo e allo spirito libero e critico del confronto tra le culture.

situazione 1947
proposta 1947
situazione 1949
proposta 2000

a scuola in Palestina…

La Cina in Tibet…
come Israele a Gaza…
e la Birmania… il Kurdistan… la Cecenia… il Kenia… il Darfur…

ovunque l’arroganza assassina del potere e l’impotenza degli esseri che lo subiscono…
non abbiamo strumenti oltre la voce, ma farla tacere è come sporcarsi le mani col sangue che stanno versando, come aiutarli a ripulire l’apparenza

esistono luoghi di resistenza dello spirito che vanno rafforzati e riscaldati con una presenza attiva – metto qui un link che vi fa accedere ai luoghi in cui già si parla di questo: rossi orizzonti rimanda ai i siti più importanti per non assentarsi, per non tacere

e l’appello di NINA MAROCCOLO su letteratitudine – che riporto ed al quale aderisco…
ps: se all’inizio non lo vedete, resistete e non scoraggiatevi: per leggerlo dovete cercare un post del 14 marzo andando in fondo alla rubrica LA CAMERA ACCANTO (nota tecnica: ma non potevano dargli uno spazio a parte? è come passare su un telegiornale fra stragi, tormentoni, e notizie di moda…)

——————–
@APPELLO

Roma, 18 marzo 2008

Voglio e devo lanciare un appello sulla nuova ondata di violenza e uccisioni in Tibet. La questione asiatica sta diventando sempre più terribile. Non è bastata neanche la Birmania, che ha secoli di storia fatta di soprusi e crimini, quanto e più del Tibet.
In Tibet la strage continua, e i monaci eseguono atti di autolesionismo, cercano di suicidarsi. Per chi conosce il buddhismo tibetano, questo atto per un monaco è inamissibile. Comporta una deviazione dai precetti del Dharma. A Lhasa la polizia cinese ha caricato anche i civili. La polizia sta arginando i tre monasteri più grandi e importanti di questa regione tormentata.
Tra poco scade l’ultimatum.
Sul blog di Massimo Maugeri “Letteratitudine” sezione “La Camera accanto 2”, troverete i miei messaggi, le organizzazioni, i blogger, siti di scrittori, Unimondo, Amnesty, Associazione Italia-Tibet; aggiornamenti, appelli, sconfitte (vedi CONI), raccolte di adesioni da parte di scrittori e giornalisti.
In molti abbiamo scritto al CONI, chiedendo agli atleti di boicottare Pechino 2008. La Federazione italiana sportiva ha CENSURATO i messaggi e li ha eliminati sistematicamente. Ma Pechino e le Olimpiadi vanno boicottate. La Cina va fermata, e non con le sanzioni che sono un semplice palliativo del tutto inesistente: inoltre, la superpotenza porta avanti – non solo moralmente – il genocidio nel Darfur vendendo armi ai miliziani sudanesi.
Vi sto chiedendo aiuto.
Una raccolta di firme da mandare all’ONU e al Parlamento Europeo; iniziativa che molti dei paesi europei stanno già attuando.
Un ringraziamento va al Principe Carlo d’Inghilterra, favorevole al boicottaggio: la federazione inglese, infatti, non si presenterà alle Olimpiadi.
Mi appello a tutti gli scrittori, critici letterari, giornalisti, semplici lettori.
A voi tutti.
Questo è un altro modo per fare della scrittura e della Letteratura un “mezzo” etico, di denuncia, di azione civile per reclamare i diritti umani e richiamarci ai doveri semplici di cittadini del mondo.
Le firme devono recare, oltre al NOME E COGNOME, CITTA’, NAZIONE, PROFESSIONE. Insieme a questo appello, inviatele a Massimo Maugeri, letteratitudine presso la sezione “La Camera accanto 2”.
Fate girare questo messaggio se lo condividete. E firmate, firmate, firmate.
Con tutto il cuore. La mia è una preghiera.
In nome della Solidarietà.
Nina Maroccolo

sta scendendo il silenzio

dopo l‘intervista ad Aharon Shabtai sul salone del libro che ho riportato qui
dopo l’eroico appello degli scrittori “nel nome della letteratura” a cui ho risposto con una lettera
dopo la saggia proposta di Diego Ianiro che ho sottoscritto

dopo le ultime stragi a Gaza

sta scendendo il silenzio…
silenzio…

invito a leggere la lettera di Gianni Vattimo su “la caverna”
e quella di Suad Amiri

ma soprattutto a firmarne l’appello


risparmiando i commenti (ovvii e banali) sulle capre ed i cavoli – e anche quelli meno ovvii sui 106 palestinesi uccisi negli ultimi 40 giorni… sottoscrivo e pubblico questa saggia proposta di Diego Ianiro su Nazione Indiana nel nome dell’onestà intellettuale sebbene dubiti fortemente che venga accolta. Eccola qui.

Cari amici di Nazione Indiana,
chi vi scrive ha sostenuto, e sostiene, una posizione nettamente critica nei confronti della politica dello Stato d’Israele da quando ha avuto modo, per brevissimo tempo, di toccare (sfiorare?) con mano i suoi effetti nella West Bank nel 2005. Ne ha parlato proprio qui come altrove.
Chi vi scrive sa che il governo italiano, indipendentemente dal colore sbiadito che possa assumere, è un fedele alleato di quello israeliano, con il quale ha – per esempio – stipulato un accordo di cooperazione militare (legge 17 maggio 2005 n°94).
Chi vi scrive, ovvero io signor nessuno, crede di essere abbastanza in grado di riconoscere la cruda realtà dei fatti e le ragioni delle parti in causa nell’affaire della grande esposizione torinese.
Riconosco la non casualità della scelta di Israele come Paese ospite nell’edizione 2008 della Fiera del Libro di Torino e le ragioni del boicottaggio da parte dei ragazzi di forumpalestina.
Riconosco però anche la possibilità che esista una comunità di “puri” che, “nel nome della letteratura”, vede nel boicottaggio il pericolo di oscurantismo e il rischio concreto di una deriva che porti ad “includere nell’esclusione” anche le voci che, al di là della politica (ammesso che questo aldilà esista davvero), si distinguono per merito non solo critico ma anche per indubbio valore “estetico” e culturale.
Partendo da questo secondo punto, e in seguito al dibattito che si è venuto a creare tra filoboicottatori e firmatari, non-firmatari, firmatari pentiti/dubbiosi/con distinguo dell’appello stilato da Raul Montanari il 6 febbraio, ho proposto a Gianni Biondillo, un po’ provocatoriamente un po’ seriamente, di concentrare gli sforzi non sulle parole, o le adesioni delegate per firma, ma sull’azione concreta.
La proposta è, in primo luogo, mettere per un attimo da parte (nessuna pretesa di “eliminarle” perchè mi rendo conto della non fattibilità della cosa, anche da parte mia) quelle idiosincrasie che, volenti o nolenti, molti di noi provano nei confronti di altri, al fine di coordinarci per un’azione costruttiva all’interno del contesto che, a conti fatti, è stato definito e verrà comunque portato avanti. Mi riferisco alla Fiera e al Paese che ospita quest’anno.
Non credo sia più possibile tornare indietro, ammesso che la cosa abbia mai avuto un senso, essendo la fiera il principale prodotto della “Fondazione per il libro, la musica e la cultura” che è comunque un ente privato le cui scelte finali immagino non possano essere influenzate da soggetti esterni ai propri interessi. Allo stesso tempo sarebbe prendersi in giro se non riconoscessimo il valore di principale “vetrina” nazionale per tutto il nostro parco editoriale, e quindi insindacabilmente “culturale”, che la Fiera rappresenta a livello internazionale; ovvero sarebbe ipocrita non ammettere come la fiera sia, per noi e per chi ci guarda da fuori, la punta emersa e scintillante di tutta la nostra intelligencija.
Non si può dunque sindacare sulla legittimità della presenza di Israele – nonostante lo “scippo” all’Egitto – come “ospite” ufficiale così come non si può far finta di non vedere quanto profonda e lunga sia la portata di quest’invito, caduto non certo per pura coincidenza nell’anno del sessantesimo anniversario dalla “nascita” dello stato ebraico, che è di riflesso sessantesimo anniversario dalla Nakba. Se prendiamo tutti pacificamente atto di questa situazione si può, chi vuole farlo, passare alla “rinuncia” momentanea alle proprie antipatie/simpatie di cui sopra, e comprendere che la Fiera stessa può trasformarsi in opportunità. Come?
1- Accettando Israele come paese ospite
2- Motivando e proponendo “nel nome della letteratura”, come da appello, l’inclusione di tutte le voci e le penne nate, cresciute o residenti in Israele.
Per i firmatari dell’appello non dovrebbe essere difficile aderire a questi due punti, pena la disonestà intellettuale.
Per i non firmatari o i filoboicottatori, categoria nella quale mi inserisco, è ovviamente più problematico. Però ci si può incontrare proprio su questo terreno: ecco l’opportunità da mettere in pratica.
I firmatari propongono a forumpalestina di contattare quegli scrittori esclusivamente israeliani in linea con le loro posizioni (mi riferisco ad Atzmon, Pappe, Halper, Laor, Shabtai e tutti gli altri che i ragazzi del forum possono essere in grado di reclutare) per un evento speciale all’interno della fiera quale potrebbe essere una o più giornate di dibattito/confronto sul tema della democrazia israeliana (provvisoriamente intitolato “Israele sessant’anni dopo: affinità/divergenze tra lo Stato Ebraico e noi [ebrei]”). Le modalità e i tempi di questo “evento” devono essere coordinati insieme al forum e, ovviamente, all’organizzazione della fiera. La cosa però ha un senso solo se A- L’evento viene realizzato all’interno del calendario e dell’area della fiera;
B- All’evento partecipano sia il gruppo scelto dal forum che le voci più note e autorevoli della letteratura israeliana (Oz, Grossman e Yehoshua per esempio) al fine di garantirne anche una maggiore visibilità;
C- Le modalità e i tempi di discussione vengano calibrati in maniera equanime secondo una antipatica e noiosa, ma tuttavia necessaria, par-condicio;
D- Il divieto di usare impropriamente il termine “antisemitismo”, essendo tutti adulti e vaccinati alla retorica della propaganda. Chi ci guadagna?
– In primo luogo gli scrittori: nessuno di loro (a parte, forse, Pappe) viene pubblicato in Italia; la fiera sarebbe un’ottima occasione per far conoscere la propria voce ad una utenza enormemente più ampia.
– Chi ha firmato l’appello “nel nome della letteratura”: in questo modo sarà loro garantita la presenza vera e senza omissioni – la più insidiosa delle censure, l’omissione – di una rappresentanza di tutte le voci di Israele.
– Il forumpalestina, che avrà così l’opportunità di far entrare alla Fiera, e di far conoscere al paese di cui è specchio, chi dall’interno – e con assoluta cognizione di causa – combatte la politica del governo israeliano e perché.
– Gli organizzatori della fiera, che possono rivendersi l’evento come esempio di pluralismo ed equidistanza, altri termini orrendi ma ahimè necessari. So che qualcuno dirà “e i palestinesi?”. I palestinesi (che io personalmente vorrei fossero israeliani, e viceversa) hanno bisogno anche di questo tipo di cose, ovvero di efficacia, ché il boicottaggio da solo non basta. Troia è stata espugnata con un dono, per usare una metafora infelice.
Come iniziare?
Con una conta, qui su Nazione Indiana, vedere in quanti si è d’accordo a costituire un primo nucleo che proponga la cosa al forumpalestina e alla Fiera. Inserendo nei commenti il proprio nome e l’email. Utilizzando in seguito proprio NI per fare pubblicamente, di volta in volta, il punto della situazione.
Nella speranza di essere stato, entro i miei limiti, chiaro ed onesto pur in quella che, nella sua semplicità, potrebbe sembrare a molti una pretesa assurda.