Gli piaceva essere chiamato Lorenzo. Era fiero e felice delle sue origini italiane.
Ora tanti ricordi…
Su tutti l’ultima visita in Italia.
Laura Zanetti mi aveva chiesto di tradurlo (Underwear) e accompagnarlo a Roma per affiancarlo nella lettura dei suoi testi in italiano. Lì ebbi una lezione di vita che non dimentico.Con Laura eravamo nella hall del suo albergo al centro di Roma, poco prima di andare al Campidoglio dove gli avrebbero concesso la cittadinanza onoraria. Aspettavamo che venissero a prenderlo. Io stavo in un angolo col muso lungo e soprappensiero, preda dei miei problemi di coscienza. Avevano appena eletto Gianni Alemanno a sindaco di Roma, il quale ereditava dalla precedente amministrazione Veltroni le pratiche già in corso. Fra queste, appunto, la cittadinanza a Ferlinghetti. “Io non vado da un sindaco fascista, non ci riesco” dissi a testa bassa senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Ma non volevo essere un problema né un fastidio, né tantomeno mettere ombra sulla contentezza di Lawrence, che si vedeva italianizzato e riconosciuto da quella che considerava la sua vera patria d’origine. Per lui questo evento era una festa grande e molto importante. “Ti accompagno lì e ti aspetto fuori. Quando hai finito mi trovi sulla porta”. Lui mi guardò fisso con i suoi occhi di cielo e, con la sua voce velata e tranquilla, mi disse: “Io non vado a parlare con un sindaco, vado ad incontrare i romani”. Ecco smontate le mie stupide rigidità dalla sua dolce sicurezza e determinazione. Non avevo parole.
Entrai nella sala riempita da un centinaio di giornalisti che, come da sempre vedevo fare con i Beats, erano alla ricerca della nota di colore o in attesa della stranezza. Ferlinghetti si comportò con la solita eleganza di gesti che lo distingueva. Dopo una patetica introduzione di Alemanno, che aveva acrobaticamente preso a pretesto la Beat generation per parlare di Pound e dei campi Hobbit che avevano formato la sua gioventù, ci fu il suo discorso che cominciava così: “Da giovane ero anarchico, poi contro la guerra in Vietnam e col movimento del sessantotto, poi col Che Guevara, infine col comandante Marcos. Adesso sono Zapatista”.
A quell’affermazione dalla schiera dei cento giornalisti si levò limpida una voce che ne definiva inesorabilmente la caratura: “Nel senso di Zapatero?”. L’improvvido giornalista si era consegnato all’eternità insieme al suo degno sindaco. Era il compendio che mi ripagava di tutti i precedenti dubbi: era stato giusto essere lì e poter vedere fino in fondo.
Chiudo questo discorso ricordandone la generosità…
A Lawrence Ferlinghetti devo molta riconoscenza: mi ha sempre sostenuto in tanti modi con quella sua leggerezza che non chiedeva mai niente in cambio.
A San Francisco, grazie alle traduzioni e alla cura del caro Jack Hirschman, ho pubblicato tre libri. Appena uscivano, trovavano immeritatamente posto nella vetrina di City Lights insieme ai prestigiosi titoli italiani di Dante, Calvino e Pasolini, suoi amori mai assenti. Mi emozionano ancora le foto che mi spediva Jack… Così In the Executioner’s house,Alphabet of Streets, ma soprattutto Taliban (in due diverse edizioni)… che si esaurì in poco tempo. E da quella stessa libreria partirono gli assegni delle mie vendite a sostegno del RAWA, l’associazione delle donne afghane per cui l’avevo scritto….
A lui, oltre alla pubblicazione (tra gli altri) di Kerouac e Burroughs, il merito di aver combattuto e, dopo essere finito in prigione, aver vinto in tribunale per Howl, il grandissimo capolavoro di Allen Ginsberg, l’Urlo simbolo di un’intera generazione che è arrivato a noi grazie alla sua fermezza.
E come dimenticare che, quando Gregory (Corso) abitava a casa mia, era sempre lui il santo a cui si rivolgeva per ogni difficoltà? E che puntualmente lui rispondeva spedendogli soldi (insieme a qualche libro per me).
Il tuo ricordo, per il filtro magico dell’amicizia che dirama più luce di quanta se ne possa, se ne sappia dire, porta una gioia viva di primizia lì dove trema il labbro, esita il respiro. Grazie Alberto.
Grazie Alberto per aver condiviso questa bella testimonianza di vita ma anche di un mondo, che man mano scompare, il cui lievito di liberta’ viene ucciso dall’individualismo e dall’ egoismo che impera in ogni angolo di società. Muore Ferlinghetti ma tristemente moriamo anche noi.
Bruno, grazie a te. Ma forse non è come dici: penso che l’individualismo e l’egoismo siano da sempre altrettanto presenti nella società. Oggi come allora e in tutti i tempi. Siamo noi che, invecchiando, diventiamo più fragili e più stanchi, con meno forza per lottare. Ma possiamo riconvertire la lotta in pensiero e memoria. Proprio come faceva Ferlinghetti.
Bellissime vibrazioni, Alberto.
Io non mi azzardai a disturbarlo, quella volta alla libreria. Ma presi un’auto a noleggio il giorno dopo e attraversai la loro America, per andare a dire grazie a Jack sulla sua tomba, a Lowell
Sempre stato così. I sentimenti dentro, ma Monsanto avrei davvero voluto ascoltarlo. Farmi raccontare quelle vite intense.
Grazie. Ti abbraccio.
ho sprecato troppo per poter arrivare ai cento – a te invece ti vedo bene nonostante tuo figlio dicesse che sei mezzo morto… probabilmente ci arriverai solo con l’altra metà – e ti abbraccio anch’io …
Ero ospite a casa tua quando mi raccontavi queste storie le ricordo ancora, con la stessa passione con la stessa lucidità con la stessa dignità …. vorrei solo aggiungere un ricordo che mi è venuto in mente mentre leggevo il ricordo del tuo amico e maestro …… la tua sincera amicizia con un carabiniere in paese …. mi ricordo quando ti eri confidato con me ….non ho mai avuto amico una carabiniere … un abbraccio
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Bei pensieri, Alberto. Bella vita, la vostra.
Franco, per quel che ne so, anche la tua è una vita bella… ti abbraccio.
Il tuo ricordo, per il filtro magico dell’amicizia che dirama più luce di quanta se ne possa, se ne sappia dire, porta una gioia viva di primizia lì dove trema il labbro, esita il respiro. Grazie Alberto.
Grazie Gabriele. Di aver letto.
Grazie Alberto
grazie Fabio per aver letto.
Bravo Alberto grazie!
a te grazie.
Grazie Alberto per aver condiviso questa bella testimonianza di vita ma anche di un mondo, che man mano scompare, il cui lievito di liberta’ viene ucciso dall’individualismo e dall’ egoismo che impera in ogni angolo di società. Muore Ferlinghetti ma tristemente moriamo anche noi.
Bruno, grazie a te. Ma forse non è come dici: penso che l’individualismo e l’egoismo siano da sempre altrettanto presenti nella società. Oggi come allora e in tutti i tempi. Siamo noi che, invecchiando, diventiamo più fragili e più stanchi, con meno forza per lottare. Ma possiamo riconvertire la lotta in pensiero e memoria. Proprio come faceva Ferlinghetti.
Bellissime vibrazioni, Alberto.
Io non mi azzardai a disturbarlo, quella volta alla libreria. Ma presi un’auto a noleggio il giorno dopo e attraversai la loro America, per andare a dire grazie a Jack sulla sua tomba, a Lowell
Sempre stato così. I sentimenti dentro, ma Monsanto avrei davvero voluto ascoltarlo. Farmi raccontare quelle vite intense.
Grazie. Ti abbraccio.
grazie a te, Marco! E davvero contento di sentirti.
Fantastica testimonianza sulla leggerezza integra, grazie.
grazie a te
Moriremo anche noi, magari da centenari, il nostro futuro è ancora bambino! Un forte abbraccio Alberto!
ho sprecato troppo per poter arrivare ai cento – a te invece ti vedo bene nonostante tuo figlio dicesse che sei mezzo morto… probabilmente ci arriverai solo con l’altra metà – e ti abbraccio anch’io …
…leggo solo ora, Alberto,
e non posso che ringraziarti, anch’io, per questo bellissimo ricordo.
Un abbraccio.
grazie Gualtiero.
Ero ospite a casa tua quando mi raccontavi queste storie le ricordo ancora, con la stessa passione con la stessa lucidità con la stessa dignità …. vorrei solo aggiungere un ricordo che mi è venuto in mente mentre leggevo il ricordo del tuo amico e maestro …… la tua sincera amicizia con un carabiniere in paese …. mi ricordo quando ti eri confidato con me ….non ho mai avuto amico una carabiniere … un abbraccio
un abbraccio a te, Sandro