Sono un poeta. E non perché mi sia nominato tale, ma perché utilizzo la poesia per praticare autonomia interiore, esigenze di bellezza e di liberazione, e sono testimone che è possibile farlo. Gli altri mi chiamano poeta, tecnicamente lo so fare, vivo di questo, non ho altri mestieri se non tutto ciò che è attorno alla poesia, al pensiero, all’arte, alla cultura. Proprio come fai tu con le tue canzoni.
Non mi va di parlare di me, ma ora devo farlo per stabilire una differenza (che è il mio quotidiano) e difendere l’alternativa ad un sistema di pensiero che non mi appartiene.
Da sempre sto al bordo e ne ho fatto anche una teoria di vita. Non sono infelice per questo, e sono consapevole che il bordo non è creato da me e dalle mie scelte, ma proprio da quel sistema che esprime figure (culturali) come la tua.
Noi vi siamo utili. Tenendoci al bordo, voi attingete continuamente a ciò che noi pensiamo, viviamo, pratichiamo nel quotidiano: quella Beat Generation che per te è stata fondamentale fonte di ispirazione è molto più vicina a me ed al mio livello di vita, ne ho persino condiviso alcuni percorsi.
Abito in quella poesia di cui tu ed altri come te vi riempite la bocca – a mio parere molto superficialmente – riuscendo a farci sopra anche quegli affari che noi abbiamo mai nemmeno pensato di concludere. Quella poesia è la mia vita, il mio quotidiano, il mio canto, mi appartiene.
Dell’incidente che è successo ieri a Trieste tu non hai colpe dirette, credo anche nel tuo sincero dolore come in quello di un bambino che ferisce il fratellino nel gioco inconsapevole.
Ma non sei innocente. Quel gioco che tu conduci ha delle regole precise sulle quali taci, o non mediti, o che colpevolmente non vuoi vedere. Sono le regole dello star system di cui tu, tacendo ed accettando i vantaggi, fai colpevolmente parte senza per questo essere peggio (ma neppure meglio) di chiunque altro. E se c’è qualcosa di grave in questo, non è tanto che guadagni cifre inaccettabili in una Italia di crisi, miseria, disoccupazione, fame, immigrazione ed emigrazione (delle nostre intelligenze). La tua colpa sta nel tacere e farti tramite di uno psicodramma quotidiano – fenomeno sul quale invece io medito molto – e che cercherò di chiarirti in cinque semplici passaggi:
- Questa società è indiscutibilmente repressiva
- La morale che esprime deriva soltanto dalla difesa del privilegio
- Qui non esiste libertà, ridotta solo ad idea formalmente morale
- Unico obiettivo del sistema è autoriprodursi reprimendo i disturbi e le deviazioni
- In queste condizioni si sviluppa un’idea di arte che sia funzionale a tutto ciò
- Non deve disturbare il processo di alimentazione del sistema
- Deve sviluppare il prodotto all’interno delle logiche del sistema
- Gli è consentito apparire diverso purché tutto questo sia gestibile dal sistema (con questa logica sono riusciti a commercializzare anche il Che Guevara)
- A questa apparente diversità degli artisti è affidato proprio il compito di dimostrare che siamo liberi, purché tutto resti nel gioco
- Così gli artisti sono complici di questo sistema che parla di libertà – è a loro infatti che viene affidato il compito di dimostrare che la libertà esiste (anche giocando ogni tanto a fingere di negargliela)
- Questi artisti vengono ricompensati col meccanismo della gloria, della fama, del danaro… a cui pochissimi saprebbero resistere
- Si difendono dicendo che loro stanno criticando il sistema da dentro, e che quelli come noi sono invidiosi, ma non considerano che quelli come noi hanno invece compiuto ben altre scelte in cui prevale l’Etica (cosa che in ogni caso ti butta fuori dal gioco) – e che non hanno mai nemmeno provato a diventare come loro.
Dunque, caro Lorenzo, sono io quello che da sempre fa (e paga) la vita che tu solo canti. Senza sforzo né rigidità.
In concreto. L’incidente poteva succedere in qualsiasi concerto, ma con una differenza: tu a parole ti collochi e vendi il tuo prodotto a quell’area che in apparenza vorrebbe cambiare le cose – Ne fai sistema economico e fonte di enormi guadagni – In questo trovo una immensa CONTRADDIZIONE e non credo (per ora, ma ho fiducia che la gente possa cambiare) nella tua innocenza. Credo nella tua bontà d’animo, ma devi dimostrare la capacità di liberarti. Dunque, per ora porta questo peso, e cerca di meritartene il sollievo.
- pronunciare la parola POESIA
- usarne a sproposito o ambiguamente le forme
- farne commercio in alcun modo
Non hai più scuse: da ora SAI COME FUNZIONA IL SISTEMA. Se non rispetterai questa sentenza, ti condanno ad essere miseramente additato senza pietà ed a portarne la vergogna e la colpa.
E se, per il tuo senso di colpa ora dovessi ritirarti dalle scene, sappi che non provo pena alcuna, giacché penso che in questi anni tu abbia accumulato sufficiente danaro per farlo. Tanto, ma tanto, che a me con la poesia non basterebbero dieci vite.
PRECISAZIONI SUCCESSIVE
Insomma: io non vieto proprio niente a nessuno (e nel concreto come potrei?)… il mio è un richiamo spirituale, etico, ad uno che vorrebbe veicolare “buoni sentimenti” e si fa tramite di una macchina assassina… ma vedere che questo concetto non è colto chiaramente mi fa davvero cascare le braccia e mi toglie speranze…
- Al riguardo cito il passaggio di una vecchia intervista in cui mi si paragonava a due ‘maledetti, Antonin Artaud e Julian Beck:
- “Non trovo che né Artaud né Beck siano ‘maledetti’. Lo è la società che li ha perseguitati con la censura e la repressione. La poesia è il condominio di un palazzo altissimo. Ai vari piani ci sono le residenze: Lucrezio e Majakovskij, Ginsberg e Césaire, Baudelaire, Kavafis, Paz, Hikmet, la Vicinelli… ognuno metta quelli che vuole. Voglio vivere lì, anche se ne abito un sottoscala e non i piani alti. Ma c’è un atrio, una portineria, un ascensore dove vado tutti i giorni (sai, per mantenermi mi prendo cura del palazzo: penso che spetti ai poeti vivi farlo). E prima o poi li incontro e li saluto: “Buon giorno, signor Majakovskij… signor Rimbaud…” Loro rispondono guardandomi. Io chiedo a me stesso solo la dignità di poter ricambiare quello sguardo senza vergognarmi né chinare la testa.”
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- sulle altre cose da commentare, gli altri ‘incidenti’ sul lavoro, le disgrazie e le storture quotidiane… non si farebbe in tempo (e poi chi sono io per esprimermi su tutto pubblicamente? non un opinionista, non un giornalista, non un sindacalista…) – questo non toglie che tocchino umanamente anche me – per esempio: che dire della STRAGE DEI SENEGALESIa Firenze? mi sembra molto importante e davvero dolorosa… ma qui preferisco tacere e ascoltare la loro voce (dei fratelli immigrati) piuttosto che inserire la mia.
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DEDUZIONI LOGICHE FINALI
(ven. 16 ore 22)———————————————————Scrivendo avevo sperato e sopravvalutato il clima generale – ma effettivamente il mondo è questo, e forse, come consigliano molti (quei coraggiosi che nella vita tacciono e parlano solo qui in rete), si dovrebbe tacere… In effetti non era la polemica che cercavo, ma barlumi di pensiero, di esistenza, di resistenza.
La possibilità della violenza, a volte subdolamente amichevole, persino mascherata di pensiero, è stata ingenuamente servita su un piatto ampio e comodo. Il livore con cui sono stato assalito denuncia la situazione che già sospettavo: è così, e lo è perché a tutti va bene che resti così. Guai a toccare il gioco… il feticcio.
Sono scoraggiato dai commenti che non colgono mai il lato sostanziale della questione: a niente vale un secolo di critica sociale che dice le stesse cose che, in altro modo e secondo una mia personale analisi, sostengo qui. Il secolo di Benjamin, Burroughs, Foucault, Bauman, Deleuze, Guattari, Pasolini, ma sopratutto Debord… è ormai un secolo azzerato e rimosso. Bisogna ricominciare tutto da capo. È la società dello spettacolo, e la critica viene immediatamente sepolta da chi ha solo paura che qualcuno levi la testa, si distanzi, rompa il gioco stabilito… è il sistema stesso che crea i propri fedeli guardiani che, più realisti del re, ne garantiscono la riproduzione.Indico la luna, e loro guardano il dito…La pigrizia acritica dei buoni sentimenti televisivi si spalma su tutto. Eccoli qui, buoni e caritatevoli a commuoversi per il dolore di Jovanotti (che io non ho mai messo in discussione né di cui ho mai dubitato). O ad accusarmi di speculare su un incidente sul lavoro, che mi addolora quanto Jovanotti o loro stessi, come tutti gli incidenti sul lavoro. Come da Vermicino in poi, come nelle morbose trasmissioni al plastico di Bruno Vespa, l’Italia si conferma un paese gravemente cattolico fino nel più profondo.
E se ho speculato, l’ho fatto solo in senso etimologico, cioè, come nel latino speculum, mi sono disposto in maniera che si specchiassero davanti alla contraddizione: ho cercato di riflettere e di far riflettere…E nessuna critica. Niente.Parlo del rapporto fra sistemi di controllo sociale e cultura e loro intanto difendono Jovanotti o insultano me… dico che l’artista è funzionale ad un sistema e loro mi dicono che sono invidioso… chiedo a Jovanotti di emanciparsi dal meccanismo – e così dimostrarsi sincero e consapevole – e loro difendono il meccanismo e dicono che ci vorrei stare anch’io…
È come se il berlusconismo fosse penetrato profondamente nelle menti, nelle attitudini, nelle prospettive di ognuno e l’unico paradigma di queste persone sia il modello realizzativo di chi arriva là, lassù, nel vuoto dell’apparenza.
È questa la vera sconfitta… di tutti.
E se dico che davvero non mi interessa arrivarci, che sono già ben arrivato altrove, lì dove mi interessava stare, che ho vissuto tutta la vita in una direzione altra, non mi credono e mi danno del frustrato (senza conoscere, tra l’altro, tutto quello che di comodo, vistoso, redditizio, apparente, ho finora tranquillamente rifiutato)…
Se parlo pubblicamente dicono che ho un ego ipertrofico (fra chi lo dice c’è anche chi ha attinto, succhiato, usato per anni ciò che dicevo, pensavo, facevo, muovevo – e, senza mai metterci il mio nome, l’Ego… e sa che ho cominciato a firmare le mie cose solo dopo i cinquant’anni, forzato da alcune persone care – scusate questa piccola digressione)…Cosa ho sbagliato? Certamente alcune cose:
1. intervenire con simili argomenti in un sito che non è ‘preparato’, nel senso che è generalista, di poca capacità critica, è come interrompere con un pezzo di Frank Zappa una partita di calcio.
2. in rete si deve ‘calibrare’ il linguaggio – niente analisi articolate e solo un elemento per volta.
3. la rete non si tara mai su livello più alto di un discorso, ma sempre su quello più basso.
4. la rete non è adatta al linguaggio metaforico: parla basicamente, articola prevalentemente slogans e solo raramente concetti.
5. la rete è vile: persone che non oserebbero mai insultare, in rete lo fanno perché sanno che non rischiano e si infilano agevolmente nel mucchio di chi già lo fa…insomma… bisogna veramente ripartire da zero… e non penso di averne le forze. Oppure ci si deve isolare? Astrarre? Distanziare? Vivere in un mondo parallelo?
Il problema, questo problema, non è solo mio: vi riguarda tutti. E ve ne consegno il carico.
Buon lavorops
da questo momento risponderò solo a chi mostra di aver centrato la questione con argomenti intelligenti. Gli altri, per favore, non me ne vogliano…
>alberto sei lucido come sempre. Infine penso che valga la pena di riflettere su questo tuo articolo, pieno di tensioni – contagiose -verso l'amore per la dignità umana. Sotto sotto però temo che la fama di jovanotti trarrà beneficio anche da questa triste morte, proprio perchè è una morte che si inserisce in un sistema fatto per mandare avanti i forti. I deboli, quelli che montano il palco, ne stanno sotto o dietro, non hanno mai accesso alle luci, alle scene. Neppure in caso di morte tragica.
>Quest'ennesima morte, chi ci ostiniamo a chiamare bianca,anzichè nera come la notte senza luna, che più nera non si può, non sposterà di un millimetro l' ago del senso di responsabilità, conficcato o meno nella pelle di ognuno di noi. Avrei voluto scrivere io, le tue parole, ma tu sei il Poeta, io no.Attraverso il dolore delle parole passa la differenza, ma bisogna saperle ascoltare e capirle, le parole.
Sono d' accordo con te su ogni sillaba, ogni virgola, ogni punto, ogni sussulto della tua lettera.
Così bella, così greve, così vera, da mostrarci quell' assurda morte per quello che è: una morte assurda, evitabile, ingiusta, inaccettabile.
>@anonimo – grazie, grazie del tuo intervento – a questo punto mi piacerebbe sapere chi sei…
un abbraccio
a.
>@Francesca – grazie dell'intervento – ti abbraccio – a.
>A prescindere dal fatto tragico che ogni morte sul lavoro sia una vergogna Nazionale questo intervento mi sembra del tutto fuori luogo. Posso capire che infastidisca la semplificazione della cultura e di ciò che Giovanotti rappresenta agli occhi del Poeta. Ma aprofittare di questo per erigersi a censore e giudice mi sembra francamente eccessivo. C'è chi sceglie di vivere al bordo e chi no. Credo possano essere entrambe scelte rispettabili. Ma se un tipografo morisse mentre sta stampando il tuo libro di poesie, potresti sentirti responsabile per quella morte? Quanto poi a vietare la poesia non so…capisco l'enfasi ma vietare è un verbo che mi dà allergia. Saluti
>sono finito qui per caso tramite facebook..belle parole Alberto… io ho sempre diffidato di chi va al festivalbar 🙂
Gianca
>Sì, il travisamento della poesia è un pericolo tangibile. Fa parte del pensiero diffuso che tutto sia comprabile e raggiungibile. E invece non tutto lo è. Per fortuna. A pochi è data la capacità di fare poesia, di fare cultura, di fare arte. E di questo ringrazio il cielo. Ringrazio di sapere che ci sono persone non disposte a scendere a patti e che lo fanno senza alcun sforzo, perché altrimenti si snaturerebbero. Ringrazio chi sa di essere poeta e artista e lo dimostra, ma anche chi non lo sa e lo è. Spero di insegnare a mio figlio a non omologarsi. Ne sono così impaurita che forzo spesso i toni. Grazie del tuo articolo che mi ha dato la possibilità di riflettere ancora una volta su questo argomento. Grazie!
>Mah. Concordo pienamente con il commento di Luca Pretti.
>@Luca Pretti – grazie dell'intervento –
rispondo brevemente (anche perché credo che ognuno abbia davvero diritto e spazio per pensarla come vuole) – intanto ricambio il saluto. Grazie
—————-
Non sono un censore. Sto solo difendendo un territorio, quello dello spirito, a cui troppi accedono per i loro affari – Ho analizzato (molto superficialmente) il sistema che produce questo – e su ciò non sento dire una sola parola… possibile che le critiche analizzino soltanto il dito che indica la luna? Jovanotti fa parte di un sistema e ne condivide – senza essere innocente – i meccanismi. Io non ne faccio parte (almeno: non mi muovo in maniera complice) –
Di quel fatto tragico lui non ha colpa diretta, ci mancherebbe! Ma è consenziente del sistema che lo ha provocato –
>Posso capire che infastidisca la semplificazione…
Non mi infastidisce la semplificazione (per me ogni sintesi contiene sempre enormi e bellissime complessità)… mi infastidisce invece chi "ci marcia"… Cherubini attinge ad un mondo che non gli appartiene in nulla e lo fa per danaro.
Io non vivo al bordo che ho creato io, ma a quello che ha creato questa società per chiunque non sia complice.
Da quel bordo Jovanotti pesca a piene mani per i suoi testi. La smetta!
"Vietargli la poesia" è una maniera per dirgli: sei smascherato… fai ciò che vuoi, vivi come vuoi, di' ciò che vuoi, ma non mi incanti… sei smascherato…
Vietare è evidentemente una metafora… e volevo usarne una forte e fastidiosa anche per me… appunto… ma almeno è chiara rispetto a tutto ciò che invece nel quotidiano ci viene vietato in maniera subdola (e Jovanotti è complice anche di questo)
>Caro Alberto Masala,
ti ringrazio della precisazione e dello spazio che mi ha dedicato. Avevo capito che il tuo stare al bordo fosse una scelta di vita accettata e coerente. Chiedo scusa avevo capito male. Ritengo comunque che la storia sia piena di personaggi che "pescano" con alterne fortune dalla cultura altrui(intendo dire fortune proprie). Non è mai stato uno scandalo. Di certo può piacere oppure no. Io, e parlo a titolo ovvimente personale, non mi sento di condannare Giovanotti per la morte di questo giovane. Lo ribadisco non puoi essere colpevole se in tipografia muore uno mentre stampa il tuo libro di poesie. Per quanto rimanga sempre vergognoso il fatto di morire sul posto di lavoro. Qualsiasi esso sia. perchè magari al giovane in questione di Giovanotti, della sua pseudo poesia, dello star system e di questa società, non importava una cippa lippa. Saluti
>@Luca Pretti, interessante quello che dici.
Ma continuiamo a fare due discorsi diversi:
tu insisti sull'incidente, di cui ho detto chiaramente che jovanotti è innocente – e non è rilevante trovare un colpevole – intanto c'è un povero ragazzo morto… e questo nessuno ce lo ridà indietro
io continuo sul sistema (anche dell'incidente) di cui ho detto che Jovanotti è complice.
quanto al bordo: io non vivo né dentro né fuori… vivo e basta. E senza chiedergli niente, nemmeno fama o visibilità… non mi interessa quella dimensione – chiedo solo i diritti che vorrei garantiti per tutti (e quelli sì che mi vengono negati, come a tanti altri, e mi batto per quello) – sono loro che intanto fanno i bordi
>Quando ho iniziato a scrivere avevo sogni, poi il mestiere di scrivere si è preso meravigliosamente la mia vita. Né fama, né gloria in questo. Solo una mia scelta. Mi domando ogni giorno se l'idea del successo faccia parte del mio gesto quotidiano, la realtà mi risponde: no. Amo senza misura quanto la scrittura sa fare di me e non ho invidia del successo di chi ha fatto scelte diverse dalle mie. C'è un "ma" in tutto questo, e fa la differenza perché mi avvicina molto al tuo sdegno,Alberto, ed è constatare il "troppo" nelle mani di chi meno se lo meriterebbe. Non sto valutando la persona, Lorenzo Cherubini, ma il personaggio-artista che si vende tanto sopravvalutato in talento e capacità. Non ho commenti utili da fare sulla morte di Francesco se non un'osservazione: fare un lavoro e farlo bene, ottimamente, permette di evitare crolli e disastri; pagare la giusta somma per un lavoro fatto bene porta vantaggio a tutti. Domanda: il service ha lavorato di fretta? Non ha lavorato proprio bene? Poco tempo a disposizione? Manodopera non all'altezza? Ritmi di lavoro insopportabili per abbassare di qualche centesimo il costo del montaggio? Non ho le risposte, ma credo siano importanti, bisognerebbe trovarle e valutarle per quel che sono, ovvero: furberia omicida.
Scusa il mio fastidioso dilungarmi, Alberto… ti ho letto con attenzione e partecipazione. Grazie.
>splendida riflessione nei confronti di jovanotti – al proposito direi che mi sembra molto poco poetica quanto piuttosto lucidamente razionale.
quello che invece mi sento di chiedere al poeta, senza provocazione e anche con un filo d'ignoranza da parte mia, è come e quanto si possa definire "ai bordi" quando utilizza strumenti come, appunto, questo, che mi paiono perfettamente nel turbine di quel sistema dal quale si estranea.
>Intervento con alcuni spunti interessanti. Peccato non sia uscito un mese fa ma dopo questa cosa.
"con i poteri che mi sono conferiti"…vabbeh, simpatica provocazione di tipo sacerdotale. .. per il resto aristotelismo da tutte le parti, poeti o non poeti. La solita divisione in mestieri, che riporta dunque a gerarchie, e sistemi. E i sistemi cosa sono se non manifestazione di rapporti gerarchici (falsati o no)?
Per il resto la "poetica" di Jovanotti penso sia una contraddizione in termini. Probabilmente lo sa anche lui, che oltretutto non sa cantare.. ma perchè teorizzare ancora di arte e altro partendo da uno scappellotto dato a un "cantante di professione e non di fatto" che è una minuscola particella in viaggio come noi. Un tempo poeta era il vate, e lo era per divinazione non per technè acquisita.
un saluto e un grazie comunque per lo spunto.
>@spaitz
un poeta non può essere razionale?
di che idea della poesia si sta parlando?
e di che idea del bordo?
(quanto a questo, copio-incollo la risposta precedente):
quanto al bordo: io non vivo né dentro né fuori… vivo e basta. E senza chiedergli niente, nemmeno fama o visibilità… non mi interessa quella dimensione – chiedo solo i diritti che vorrei garantiti per tutti (e quelli sì che mi vengono negati, come a tanti altri, e mi batto per quello) – sono loro che intanto fanno i bordi
>@archibald
>Peccato non sia uscito un mese fa ma dopo questa cosa.
se è per questo, dico queste cose da qualche decennio
(in evoluzione, spero…)
>aristotelismo da tutte le parti, poeti o non poeti. (…)
sto davvero parlando d'altro… mi dispiace non essere capito. Ma non si possono cambiare i paradigmi di ciascuno…
@Un tempo poeta era il vate, e lo era per divinazione non per technè acquisita.
mi spiace, anche qui: non ho questa formazione e non me ne dolgo… né la stessa idea del poeta di 'un tempo'.
grazie del commento
>Jovanotti si meritava una pagina come questa da molto tempo anche senza una morte. Anche secondo me non è né un poeta e come dice archibald ,non sa cantare: è un buon prodotto come tanti sugli scaffali. Tu però amico poeta non dovresti essere su questa piattaforma del sistema ma ai bordi veri della società, non sei d'accordo? un vero poeta fa della propria arte un mestiere da commercializzare? Te lo chiedo perchè qui vicino a casa c'è un uomo senza fissa dimora che ci decanta suoi pensieri, versi in libertà dolci e provocatori e che si considera poeta perchè ha la libertà. elisabetta.
>Alberto ho qualche domanda:
esistono poeti validi che guadagnano molto?
se esistono, in un certo senso aderiscono al sistema dentro cui lavorano no? O il poeta è tale se resiste per forza?
ultima domanda, c'è una differenza sostanziale in una casistica come quella dell'incidente al palco di Jovanotti e magari quella di un poeta di "bordo" che investe uno con la macchina involontariamente? cerca di sforzarti e non leggere la cosa letteralmente. Anche perchè questo "stare al bordo" è sempre sul bordo dello stesso contenitore in fondo, o forse ho capito male.
Un non-poeta.
Ciao
>@ Anonimo
cara Elisabetta
– non ho la stessa idea della poesia che hai tu, ne ho un'altra evidentemente molto distante
– non vengo dalla tradizione italiana della poesia ma da un'altra con altri percorsi, meccanismi e funzione sociale stabilita
– ho scritto molto su questo, anche del tuo vicino di casa, che rispetto ed amo senza conoscerlo, ma non posso (scusami) riassumere qui ciò che è contenuto in un intero saggio sull'arte e la poesia.
se riesco a sintetizzare forse così, ti dico:
la differenza fra me e lui è pochissima, ma di grande rilevanza: io ho professionalizzato (con lo studio e la ricerca) la mia presenza nel sociale – per non essere punito nella mia pratica della differenza – lui non l'ha fatto… per me la poesia è uno strumento per praticare le mie esigenze di liberazione e testimoniarle, ma non è un fine.
Dico sempre che se ci fosse un'altra cosa che mi da risultati migliori e più rapidi, sceglierei l'altra cosa
grazie del commento
a.
>Gentile Alberto, rispetto molto il tuo pensiero, ma non sono d'accordo; o meglio, quel che trasuda dalle tue parole mi lascia un dubbio: sei tu che sei voluto rimanere ai margini o semplicemente è il sistema che ti ci ha lasciato perchè non ti ha ritenuto interessante? Sei davvero sicuro che davanti alla tentazione, fama gloria denaro, anche tu non cederesti? Ho sentito parlare solo di una persona che avrebbe potuto avere il mondo ai suoi piedi ma ha rifiutato, e di quel sentito dire rimango comunque dubbioso. Anzi ce ne fu anche un altro che pose un gran rifiuto, ma un tuo sommo predecessore non l'ha ritenuto nemmeno degno dell'inferno
>@ manzo
grazie anche a te delle domande
(MAMMA MIA… non so se avrò la forza ed il tempo di rispondere a tutti, ma ormai mi sono messo …)
> esistono poeti validi che guadagnano molto?
che facciano solo i poeti? Non in Italia. Ne ho incontrato qualcuno all'estero, ma ci sono arrivati solo da vecchi…
> se esistono, in un certo senso aderiscono al sistema dentro cui lavorano no? O il poeta è tale se resiste per forza?
per me il poeta è tale se ne svolge la funzione nel sociale… se sa e può parlare in nome di una comunità… se la qualità della sua voce oltrepassa le miserie della sua persona…
potrei continuare per un'ora… è difficile risponderti in un blog – ed ancora più difficile parlare ad un italiano di queste cose (dato che qui l'idea generale della poesia è davvero differente) – forse solo Pasolini (e pochissimi altri) nei tempi recenti ha incarnato queste funzioni della poesia in Italia… anche se non mi appassiona il suo canto (nella forma) quanto invece lo fanno i suoi film. Ma questa è una questione di gusto personale.
> c'è una differenza sostanziale in una casistica come quella dell'incidente al palco di Jovanotti e magari quella di un poeta di "bordo" che investe uno con la macchina involontariamente? cerca di sforzarti e non leggere la cosa letteralmente. Anche perchè questo "stare al bordo" è sempre sul bordo dello stesso contenitore in fondo, o forse ho capito male.
no, nessuna differenza davanti alla morte di qualcuno
moltissima invece sul sistema che l'ha originata
ma UNA VOLTA PER TUTTE – a me non interessa parlare di questo incidente sul lavoro (grave come altri, la Thyssen per tutti) se non in quanto INCIDENTE SUL LAVORO – E NON LO ATTRIBUISCO A JOVANOTTI, MA AL SISTEMA DEL BUSINESS E DEL MERCATO…
Chiedo però a Jovanotti di assumere una posizione di non complicità –
questa non è stata una disgrazia, come non lo è nessun incidente sul lavoro – chi ci lavora in mezzo dovrebbe essere quantomeno critico – se è vero che condividevano (ma io non ci credo del tutto…), ora venga la presa di posizione non solo contrita e addolorata…
Ciao
>Sai Alberto quando sento storie di vita come la tua provo un certo senso di invidia, quella genuina però. Un'invidia complice del fatto che non sono e non sarò mai come te per mille motivi. Ho un senso estremo del rispetto per i poeti: dovrebbero essere il nostro specchio al risveglio al mattino, dovremmo conoscerli ed imparare ad amarli dall'infanzia a scuola ma non succede quasi mai. Vorrei che fossero coccolati dalla società e curati come si fa con i nostri libri più preziosi. Per contro, alla luce di quando sta succedendo alla nostra 'civiltà' , ti sento troppo in un angolo del mondo dove il disagio della vita non ti aggredisce ma ti passa davanti, senti il dolore ma non lo vivi. Tutti noi che parliamo, discutiamo qui o altrove siamo dei privilegiati: è un senso di colpa che sento quando posso permettermi due ore per leggere o parlare di poesia. Ho accompagnato mio figlio a lezione di basso e ho visto che il nostro poeta era in giacchetta, domani gli porterò un capotto caldo. Se lo merita. A presto. elisabetta.
>@Elisabetta-
sei un amore di persona – grazie delle tue parole e di quel cappotto caldo – grazie davvero
ma non mitizzare i poeti – sono gente qualsiasi – e diventano poeti solo quando pronunciano qualcosa di rilevante – altrimenti rientrano in quello spazio privato e pieno di miserie personali come chiunque –
i poeti non esistono, insomma… esiste solo la poesia – che – a volte – può anche restare, sopravvivere al misero corpo che l'ha prodotta ed a cui non appartiene più – ma i poeti non esistono: sono un'invenzione della poesia –
non si era capito?
>@Michele
> un dubbio: sei tu che sei voluto rimanere ai margini o semplicemente è il sistema che ti ci ha lasciato perché non ti ha ritenuto interessante?
e dai con questi margini…!
ti riporto (incollando) il passaggio di una vecchia intervista in cui mi si poneva la domanda paragonandomi a due 'maledetti: Antonin Artaud e Julian Beck. io risposi parlando del "condominio della poesia":
– "Non trovo che né Artaud né Beck siano ‘maledetti’. Lo è la società che li ha perseguitati con la censura e la repressione. La poesia è il condominio di un palazzo altissimo. Ai vari piani ci sono le residenze: Lucrezio e Majakovskij, Ginsberg e Césaire, Baudelaire, Kavafis, Paz, Hikmet, la Vicinelli… ognuno metta quelli che vuole. Voglio vivere lì, anche se ne abito un sottoscala e non i piani alti. Ma c'è un atrio, una portineria, un ascensore dove vado tutti i giorni (sai, per mantenermi mi prendo cura del palazzo: penso che spetti ai poeti vivi farlo). E prima o poi li incontro e li saluto: "Buon giorno, signor Majakovskij… signor Rimbaud…" Loro rispondono guardandomi. Io chiedo a me stesso solo la dignità di poter ricambiare quello sguardo senza vergognarmi né chinare la testa."
>Sei davvero sicuro che davanti alla tentazione, fama gloria denaro, anche tu non cederesti?
non vorrei il mondo ai miei piedi: troppa fatica… e non mi interessa davvero…
scherzi a parte: il superamento dell'EGO è una delle prime qualità di un artista come lo intendo io.
E poi, caro amico, con la tua domanda (furbetta, ma gentile): chi ti dice che davvero io non abbia rifiutato cose per cui molti venderebbero la madre? Sei proprio sicuro? E chi ti dice che non abbia anche già (per volte alterne) ricevuto fama sufficiente? (ti rimando alla mia scheda biografica) –
E anche se ne ho ricevuto… sai quanto me ne faccio di tutto questo!
E se ho vissuto per tutta la mia vita così, vuoi che mi 'sporchi' l'esistenza proprio alla fine?
a me interessa solo vivere – magari con una qualità di vita che io stesso mi scelgo (e non esagero nelle pretese…)
>L' anonima ha un nome e un cognome: Patrizia Pili
>Mi capita di rivedere un film, Bright Star di Jane Campion. La vita di John Keats. Un poeta che amo molto anche se di poesia so poco, però mi fa sognare.. Quando Fanny chiede : mi insegnate la poesia? lui le risponde 'la poesia non si insegna perchè deve essere compresa attraverso i sensi'..
Se non hai già visto il film, guardalo e dimmi se ti è piaciuto.
Non ho mai pensato che i poeti non esistessero..
A presto, elisabetta.
>Caro Alberto, mi permetto di non usare la forma di cortesia per non sembrarti faziosa o polemica. Sono una cantautrice ai bordi, come dici tu. Non riesco a vivere di musica, pur avendo avuto tanti riconoscimenti e nonostante questo vado avanti senza mollare, perché credo nel potere della musica come canale di comunicazione tanto quanto tu fai della poesia il tuo canale privilegiato. Per arrivare al punto, devo ammettere di provare molta stima per Jovanotti ma di non essere una fan sfegatata. Insomma, non mi strapperei mai i capelli per una stretta di mano. Nonostante questo, trovo che sia un artista che ha saputo tradurre i nostri tempi con linguaggi nuovi, portando proprio una certa poesia in musica e veicolando il tutto tra diverse generazioni. Non sono molti gli artisti che lo sanno fare, che sanno contare -nel proprio pubblico- nonni, padri e figli. Detto ciò, l'accanimento che manifesti verso un artista dal quale ti vuoi a tutti i costi distinguere, ci può stare. Mi chiedo se conosci il personaggio o anche la persona. Sia chiaro, io conosco un po' il primo e poco il secondo, anche se tutti (ma proprio tutti) gli addetti ai lavori o i collaboratori incontrati che hanno avuto modo di lavorare con e per lui ne parlano bene. Ma da fanatica dei testi quale sono, è il solo artista che giustifico in alcuni "strafalcioni", perché nel suo caso sono compensati da immagini talmente semplici e dimenticate, da risvegliare emozioni forti e toccanti, proprio come fa certa poesia. Mettere i puntini sulle "i" parlando da poeta a musicista, poteva avere un senso; ti sei invece -ahimè- soffermato troppo spesso alla questione dei compensi per non dar da pensare che in realtà volevi l'uva ma era troppo alta. Da emergente che non ha un cent in tasca, stimo Jovanotti per il suo percorso, per quello che fa nel mondo senza scriverlo ai 4 venti, per le opportunità che dà e ha dato musicalmente a ragazzi sui quali valeva la pena investire, per il suo senso della famiglia e dei valori umani e per tante altre cose che non elenco perché non vorrei tediarti. Stimo i poeti che si sentono onnipotenti (senza offesa, faccio un distinguo interno alla categoria) e quelli che lavorano in linea di produzione 8 ore al giorno e non si azzarderebbero mai a sostenere cosa la poesia può dire e cosa no. Tantomeno avrebbero la presunzione di vietare ad alcuno di sentire ed esprimere la poesia come desidera e vuole. Vedi Alberto, sono solita non commentare vari blog, polemiche, autocelebrazioni che per loro stessa definizione non contemplano un posticino per la critica. Non è stato l'attacco a Jovanotti che mi ha mosso. Né l'interesse per la tua poesia da difendere. E' il sacrosanto diritto alla libertà, che interpretiamo evidentemente in maniera diversa, nonché il rispetto che porto ad un uomo che si fa un mazzo tanto e se l'è fatto per arrivare a condividere con tantissime persone eterogenee i valori importanti del rispetto per l'ambiente, dei rapporti tra culture, generi, generazioni, del pacifismo come risposta e così via. Migliaia di persone sposano e incontrano ideali di pace e tolleranza nell'opera di Lorenzo Cherubini e non ha scalato il successo da solo sputando in faccia alla gente ma la gente lo ha voluto lì perché evidentemente ha bisogno di rafforzare certi ideali importanti. Ne abbiamo bisogno. Molto più di tutti quei poeti frustrati ed invidiosi che lasciano il tempo che trovano. Grazie dello spazio. Rebi Rivale
>Gentile Alberto
Lei ha il diritto di praticare tutta l’autonomia interiore che ritiene opportuna per farla stare bene.
Ma scendere così giù, usare una morte per fare pettegolezzo , perché di questo si tratta, mi sembra per nulla dignitoso.
Per raggiungere la notorietà alla quale lei è tutti quelli come lei mirano, percorra altre strade.
Lei usa questa morte solo perché può collegarla ad un personaggio famoso, che nulla ha a che vedere con la morte stessa.
Non tanti giorni fa in un paesino della Sicilia è morto un manovale edile, non ho letto nessun suo commento, forse l’impresario non è tanto famoso,magari sono di sua competenza esclusivamente le morti dello dello star system .
Antonio Nuvoli
>Cara Rebi,
grazie per la tua lettera pacata e senza polemica. Mi piace molto parlare così con le persone. Capisco ed accetto senza porre dubbi tutto ciò che mi racconti di Jovanotti, non ho sospetti sulla sua umanità . Ho rispetto per questo.
Ma una domanda: perché insisti sull'idea che io mi accanisca contro Jovanotti e non contro quel SISTEMA delle cose che lui interpreta acriticamente?
Jovanotti è esemplare di quel sistema dell'arte e della cultura che descrivo (e, se vuoi rileggere, QUESTO era il centro del discorso). A lui ricordo soltanto il fatto di collocarsi in pieno dentro quel meccanismo – attingendo però ai buoni sentimenti di chi maggiormente in quel meccanismo è vittima (e qui non sono certissimo della sua buona fede) –
Sono invece sicuro che il dolore che prova per la morte di quel ragazzo sia sincero e Jovanotti fa bene a sentirsi innocente per questo – gli chiedo solo di meditare sulla macchina di cui fa parte acriticamente e che ha causato anche quella morte: il sistema della cultura e dell'arte in Italia. La sua complicità sta tutta lì e non sono disposto a chiudere gli occhi.
Con Jovanotti, nessun accanimento: la stessa "sentenza" è una metafora – forse mal capita – ma spiegata dalle parole che la precedono e che nessuno di quelli che muovono critiche a questo post ha voluto leggere. Anche tu la leggi come un attacco a lui e non alla macchina del consenso che lui stesso impersona.
Insomma: io non 'vieto' proprio niente a nessuno… (e nel concreto come potrei?) il mio è un richiamo spirituale, etico ad uno che vorrebbe veicolare "buoni sentimenti" e si fa tramite di una macchina assassina… ma vedere che questo nel post non è chiaro mi fa davvero cascare le braccia e mi toglie speranze…
Infine, ognuno interpreta la vita con i propri parametri: tu non mi hai capito – ma non importa – è giusto il percorso di vita (che tu non sei tenuta a conoscere, ma mentre con me procedi nel 'sospetto' con Cherubini affermi, sostieni…) che mi autorizza a parlare in nome della poesia… e lo faccio con tutta la dignità di cui dispongo.
Quanto alla mia posizione… non voglio quell'uva, non mi serve (vivo benissimo con molto meno) – e non immaginarmi nella spirale maledetta della frustrazione. Ho la felicità del mio quotidiano e dei miei affetti.
Ma fammi difendere un pochino, perché soffro ad essere malinteso:
forse sono pazzo, ma tutti quelli che mi conoscono sanno che ho RIFIUTATO sempre ciò che mi poneva dentro quei meccanismi (direzioni artistiche importanti, festival, teatri, ecc..). E qui metto anche le pubblicazioni (specialmente in Italia) che ho negato fino ai 50 anni suonati. Intanto agivo prevalentemente in nome collettivo (un lavoro implacabile sull'EGO che è il peggior nemico del gesto d'arte). Ho ceduto al pubblicare solo perché messo di forza davanti a un editore di fiducia. Ora ho davvero poco da chiedere, ma niente di cui vergognarmi.
Personalmente non chiedo niente, non sto scalando nessuna posizione, non mi sento neppure indispensabile (se non ai miei affetti personale)…
E, come dicevo qui sopra ad Elisabetta… i poeti non esistono: sono stati inventati dalla poesia.
Grazie davvero del tuo intervento
a.
>@Antonio
grazie del commento.
ma non rispondo perché parliamo di due cose diverse:
io di un sistema, lei di me e Jovanotti –
legga la risposta qui sopra e buona giornata
a.
ps
la morte di quel povero ragazzo mi tocca da vicino perché è avvenuta nell'ambito in cui anch'io vivo… ed anche perché conosco molto da vicino la vita di chi monta palchi e stands… è come se fosse successa nella fabbrica in cui lavoro anch'io.
riguardo alle altre cose da commentare… non si fa in tempo (e poi chi sono io per esprimermi su tutto pubblicamente? non un opinionista, non un giornalista, non un sindacalista…) – questo non toglie che tocchino umanamente anche me –
per esempio: che dire della strage dei senegalesi a Firenze? mi sembra molto importante e per me molto dolorosa… ma preferisco tacere e leggere la loro voce (dei fratelli immigrati) piuttosto che inserire la mia.
>Sono assolutamente d'accordo. E sono d'accordo sul termine forte del divieto. Se Alberto Masala usasse dei testi di Jovanotti – per questioni di diritti – gli sarebbe vietato dalla legge. Ecco, qui non ci sono diritti regolamentati contrattualmente, ma l'uso del termine poeta e poesia, nel caso di questo cantante, è appropriazione indebita. E va detto. Senza troppe cerimonie, pure. Ciao. Alessandra Serra
>io sono completamente fuori dal discorso, nel senso che non conosco nei dettagli quello che è successo; mi sembra di capire che, oltre al comprensibile pianto per la morte del ragazzo sardo (tuo e mio conterraneo), ci sia qualcosa che non conosco ma che, in qualche modo, mi sembra di raggiungere:l'appropriazione indebita -anche se l'espressione è piuttosto forte – di una poesia che è di tutti soltanto quando chi la possiede la presenta come sua e ne fa regalo agli altri. Approfondirò la storia. Per ora, un saluto da bordo a bordo, da riva a riva, dallo stesso mare. Blumy
>ciao Blumy,
si tratta (in parole povere) della critica ad un sistema… hai letto le precisazioni successive? il "divieto di poesia" È SOLO UNA METAFORA… come dire: tutto ciò che ti circonda e di cui sei partecipe, non può essere chiamato poesia… non puoi attingere al calderone dei buoni sentimenti, vendendone il succo, se resti complice di un sistema dell'arte e della cultura che è capace anche di assassinare (perché così bisognerebbe nominare ogni 'incidente sul lavoro') –
è OVVIO che non imputo responsabilità dirette a Jovanotti… poveretto, che deve esserci rimasto sinceramente malissimo, che certamente è addolorato quanto o più di me e te…
ma rispetto a questo lo invito a MEDITARE su quel sistema e a non archiviare il fatto come una TRAGICA FATALITÀ…
grazie per il commento
a.
>eg Signor Marsala,
conceda 2 rime di sfogo,
per chi poeta non è stato
nè mai lo sarà, in futuro.
pensare è diritto del pensante,
come lo è cantare del cantante,
ma la poesia non è dei poeti
ne dei cantanti, ma dei pensanti.
libera e libertaria non rispetta
le regole
della ragione non conosce remore
è scritta, ferma e vola altrove,
"scrittura creativa "
s'insegna all'asilo
rimane evasiva
e poi crolla nel vuoto.
rispetta la metrica di qualuque pazzia
non parla d'amore tutta questa poesia.
il poeta parla d'amore, ma non le sue
smielate parole,
e il divieto di esser cupe o immacolata da lenzuolo
non lo decide nè Quasimodo, nè tanto meno Fabio Volo.
è la storia che li rende importanti,
(tanto il Volo non apprezzerebbe la brezza di Tindari).
ma vietar la poesia è come vietare l'aria , la fantasia
se poi Cherubini è pieno di sè,
non è colpa del poeta ,
che onostamente io credo lui è.
La poesia è l'arte di usare,
insieme al suono e il ritmo di passaggio ,
il significato semantico delle parole,
per trasmettere un messaggio .
non si prenda la briga
di vietare la poesia,
la poesia non si sognerebbe
di vietarsi a Lei.
Ilnulla
>@ il nulla
è il nulla, ne siamo tutti testimoni, e nemmeno legge tanto bene (con scoramento profondo mi rendo conto che il linguaggio metaforico non è per tutti… mi scuso)
– mi chiamo MÀSALA e non marsàla…
per il resto rimando ai punti qui sopra:
– Vietargli la poesia è una maniera per dirgli…
– Non ho la stessa idea della poesia che circola in generale…
ecc.
grazie comunque per lo sforzo
>Chi ha scritto questo articolo manca di molte cose. Innanzitutto di umiltà: la poesia, per fortuna, non è unica. La poesia è un valore universale che ognuno di noi sceglie come vivere. Scrivo poesie da quando ho iniziato a capire il mondo intorno a me, e mai mi è saltato per la testa di giudicare l'operato di un poeta come non poesia o di vietare la poesia a qualcuno. Il solo pensiero del divieto fa a pugni con quello della libertà che viene tanto nominata e quasi pretesa in questo scritto. Secondo. Si capisce in maniera evidente che l'autore non conosce minimamente l'operato di Lorenzo, non lo segue, non l'ha mai seguito, dunque i suoi giudizi non hanno una base e non si fondano su nulla. Terzo. Le parole sono cariche di ipocrisia perchè ogni persona decide della sua vita quello che è più giusto e fa scelte assumendosene le responsabilità. Il fatto di essere collocato al bordo non fa certo dell'autore un uomo da lodare. Ha preso la sua decisione che nessuno va a contestare. Ma se gli capitasse l'occasione di arricchirsi con la poesia non credo che si tirerebbe indietro. Vorrei ben vedere. Quarto. Il protagonismo oscura la visuale del mondo. La poesia non è protagonismo. Quindi a mio parere questo articolo non induce nessuna riflessione costruttiva, ma va a denigrare quelli che sono i valori universali che la poesia porta con sè.
>@Marianna M.
la gente continua a non capire e/o a non voler/saper leggere – queso mi toglie davvero le forze: è come un muro, una barriera, una chiusura… ed io non ho voglia di scardinarla.
anche ora rimando ai punti qui sopra:
– Vietargli la poesia è una maniera per dirgli…
– Non ho la stessa idea della poesia che circola in generale…
ma sto anche cominciando a scocciarmi di rispondere SEMPRE LE STESSE COSE a persone che non sanno o non vogliono leggere
>evidentemente non si è espresso in maniera appropriata e poi non erano solo questi i punti contestati. Ovviamente non ha risposto.
>il nulla , scherza , gioca e ride.. per questo la chiama "marsala" come quel vino liquoro conosciuto solo per un gioco del destino e esportato nella legione della Regina nell'800…
sottile ironia..
mi perdoni Eg. Masala non mi sarei mai permesso di offenderla..
PS.
nel frattempo ho avuto il piacere di leggere alcune sue poesie , davvero interessanti, complimenti .
"cerco poesie
che siano bocca e braccia
e che le braccia cerchino poesia"
>@Marianna M.
e va bene! ricominciamo pazientemente da capo… si offende se copio-incollo cose già scritte qui? Spero di no… comunque sono scritte da me… e m scusi in anticipo se alzo un po' la voce: sono stremato… stanco… fra un po' mi fa arrendere…
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>Innanzitutto di umiltà: la poesia, per fortuna, non è unica. La poesia è un valore universale che ognuno di noi sceglie come vivere.
Non ho la stessa idea della poesia che circola in generale in Italia, ma un'altra evidentemente molto distante. Questo anche perché non vengo dalla tradizione italiana della poesia ma da un'altra, con altri percorsi, meccanismi e funzione sociale. Ho scritto molto su questo, ma non posso riassumere qui ciò che è contenuto in un intero saggio sull'arte e la poesia. Tengo però a chiedere di non mitizzare i poeti: sono gente qualsiasi – e diventano poeti solo quando pronunciano qualcosa di rilevante – altrimenti rientrano in quello spazio privato e pieno di miserie personali come chiunque – i poeti non esistono, insomma… esiste solo la poesia – che, a volte, può anche restare… sopravvivere al misero corpo che l'ha prodotta ed a cui non appartiene più – ma i poeti non esistono: sono un'invenzione della poesia.
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>Scrivo poesie da quando ho iniziato a capire il mondo intorno a me, e mai mi è saltato per la testa di giudicare l'operato di un poeta come non poesia o di vietare la poesia a qualcuno.
QUI STO PARLANDO DI CRITICA AL SISTEMA DELLA CULTURA E DELL'ARTE – QUESTA QUESTIONE L'HA SFIORATA SOLO PER UN ATTIMO? O RESTA ANCORA DENTRO LA MONOIDEA DELLA POESIA?
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>Il solo pensiero del divieto fa a pugni con quello della libertà che viene tanto nominata e quasi pretesa in questo scritto.
LEI NON HA LETTO UN ACCIDENTE DI QUELLO CHE C'È SCRITTO QUI – O SOLO QUELLO CHE HA VOLUTO LEGGERE LEI:
io non vieto proprio niente a nessuno (e nel concreto come potrei?)… il mio è un richiamo spirituale, etico, ad uno che vorrebbe veicolare "buoni sentimenti" e si fa tramite di una macchina assassina… ma vedere che questo concetto non è colto chiaramente mi fa davvero cascare le braccia e mi toglie speranze…
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>Secondo. Si capisce in maniera evidente che l'autore non conosce minimamente l'operato di Lorenzo, non lo segue, non l'ha mai seguito, dunque i suoi giudizi non hanno una base e non si fondano su nulla.
qui non rispondo nemmeno… mi ricascano le braccia…
rilegga quello che ho scritto qui sopra e si sforzi come mi sto sforzando io
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>Terzo. Le parole sono cariche di ipocrisia perchè ogni persona decide della sua vita quello che è più giusto e fa scelte assumendosene le responsabilità. Il fatto di essere collocato al bordo non fa certo dell'autore un uomo da lodare. Ha preso la sua decisione che nessuno va a contestare. Ma se gli capitasse l'occasione di arricchirsi con la poesia non credo che si tirerebbe indietro. Vorrei ben vedere.
Qui scapperebbe l'insulto (amichevole e non offensivo.. per carità, come ad una sorella…)
conferma di non aver letto qui sopra o di non aver capito
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>Quarto. Il protagonismo oscura la visuale del mondo. La poesia non è protagonismo. Quindi a mio parere questo articolo non induce nessuna riflessione costruttiva, ma va a denigrare quelli che sono i valori universali che la poesia porta con sè.
ho scritto interi libri sulla questione
la rimando lì, si informi (non li compri, per carità… le mando io i pdf gratuiti, perché al contrario del Cherubini, io sono per il COPYLEFT)
comunque: lei saprà anche tutto di Jovanotti, ma non sa molto di me… (e non sarebbe un problema se tacesse, ma se parla, le chiedo almeno di informarsi…)
>@ il nulla
grazie ancora – anche per avermi giudicato "interessante" –
comunque Màsala è molto più di Marsala:
questa parola, la prima del codice di Hammurabi, è stata portata in Sardegna dai Fenici e, da loro, diffusa in tutte le terre dove hanno commerciato – fino all'India – ma, non essendo una parola italofona, capisco la sua difficoltà a coglierne il senso: è MOLTO comune, e significa (reconditamente) INSIEME
>mi vedo costretto ad eliminare il commeno di "nik" perché è evidentemente uno spam (si firma col mio account) – e non per quello che contiene…
>IL SEGNO SI DECIFRA, L'APPARENZA NON SI DEVE A S S O L U T A M E N T E DECIFRARE!
>@ Anonimo
eh, Fiabeschi, come va?
>Caro Poeta dei miei stivali……. ma chi cazzo ti ha detto che qualcuno ti ha conferito dei poteri per poter insegnare la vita a qualcuno ?????? è molto evidente la tua invidia e la tua frustrazione per il tuo mancato successo di quella tua professione che ti fa definire un poeta!!! io non sarò bravo a scivere ma sono consapevole del fatto che i MIEI soldi decido io a che darli pertanto se lui ha tanto soldi, e capisco chge la cosa ti rode molto, evidentemente ci sono tante persone come me che vivono di emozioni. se tu non sei riuscito a trasmettere emozioni a tante persone, visto che : ma chi cazzo ti conosce??? non è un problema di JOVANOTTI. e comunque non vedo cosa c'entra questa cattivera gratuita nei confronti di una persona che ha ingaggiato un'impresa per fare un lavoro e voi anzicchè mettere in luce il fatto che con i suoi concerti molte persone hanno un lavoro che gli permette di vivere, vi divertite a sparlare non avendo nessun rispetto della persona che vittima di un incidente sul lavoro come ne avvengono cira 150 al giorno in tutta italia. Quindi se tu avessi allestito un palco per leggere le tue poesie e fosse crollato causando una tragedia tu saresti stato in qualche modo colpevole????? ma sicuramente no perchè tu sei un vero poeta…. MA COSA CAZZO C'ENTRA??????? spero di ricevere risposta….
>@Alessandro
ecco la risposta – anche se dubito, vista la tua foga, che tu abbia la serenità per coglierla –
naturalmente, DATO che ogni dibattito richiede uno sforzo intellettuale e comincio ad essere stanco, anche con te mi permetto di incollare cose che ho già detto ad altri (ma scritte sempre da me…).
E, senza offesa, non rispondo solo a te, ma a TUTTI quelli che stanno usando all'incirca i tuoi stessi argomenti (o i tuoi stessi toni di voce). Dunque userò il pronome personale LORO e non TU. Non te la prendere per questo, non voglio mancarti di rispetto.
Un'ultima cosa che però ti rimprovero è quella di NON AVER LETTO (o saputo leggere bene) quello che in realtà avevo già scritto qui rispetto alla poesia, al palco, agli incidenti, a Jovanotti, ecc… per onestà dovresti rileggere con calma e cercare di formulare un pensiero articolato se, passata la prima rabbia, ti riesce.
ORA PER RISPONDERE A TE ED A TUTTI SCRIVERÒ QUI SOPRA (SOTTO LE DEDUZIONI LOGICHE CHE HO SCRITTO L'ALTRO GIORNO E TU NON HAI NEMMENO SFIORATO) UNA RISPOSTA GENERALE CHE SI INTITOLA DEDUZIONI LOGICHE
grazie comunque
>@alsessandro
scusa correggo: sotto le PRECISAZIONI SUCCESSIVE che ho scritto l'altro giorno e che si intitola DEDUZIONI LOGICHE
>appoggio pienamente tutto quello che hai scritto. ci vuole una faccia berlusconiana per definirsi 'poeti' e fare le marchette che fa 'jovanotti' o chi per lui. solo perché scrive due canzoni melense o qualche metafora indovinata non significa essere poeti. come i comici che marciano da anni con battute su berlusconi e poi lavora praticamente solo per lui. ma ho capito il discorso, il problema non è berlusconi, è questo sistema di spettacolarizzazione del tutto. ci sarebbe davvero da azzerare tutto. condivido, e capisco il tuo divieto. elisa