Susan Abulawa è una scrittrice nata nel 1970 in Palestina, che oggi ha la cittadinanza statunitense. Ecco unabreve scheda biografica che ho trovato sul sito IBS.

Susan Abulhawa, cittadina americana, nasce da una famiglia palestinese in fuga dopo la Guerra dei Sei Giorni e vive i suoi primi anni in un orfanotrofio di Gerusalemme. In seguito abita in diversi paesi, tra cui anche il Kuwait e la Giordania. Si laurea in scienze biomediche all’Università della South Carolina ed ebbe una brillante carriera nell’ambito delle scienze mediche.
Autrice di numerosi saggi sull’argomento, per cui è stata insignita nel 2003 del premio Edna Andrade, relatrice a diversi convegni e attivista in ambito umanitario, ha fondato l’associazione Playgrounds for Palestine, che si occupa soprattutto dei bambini dei Territori Occupati.
Vive in Pennsylvania. I suoi articoli sulla situazione palestinese sono apparsi su numerose riviste, tra le quali «New York Daily News», «Chicago Tribune», «Christian Science Monitor» e «Philadelphia Inquirer».
Nel 2006 Sperling & Kupfer pubblica il suo romanzo Nel segno di David. Per Feltrinelli pubblica nel 2011 Ogni mattina a Jenin, nel 2015 Nel blu tra cielo e mare e nel 2020 Contro un mondo senza amore.

Pubblico qui un suo discorso alla Oxford Union (con il link originale su youTube)
che non ha bisogno dei miei commenti.

“Se i palestinesi avessero passato gli ultimi 80 anni a rubare le case degli ebrei, cacciandoli, opprimendoli, imprigionandoli, avvelenandoli, uccidendoli, torturandoli e stuprandoli. 
Se i palestinesi avessero ucciso circa 300.000 ebrei in un anno, preso di mira i loro giornalisti, pensatori, operatori sanitari, atleti, artisti.
Se i palestinesi mandassero in giro i loro figli a piedi nudi con le scodelle vuote, e gli facessero raccogliere i brandelli dei propri genitori in sacchetti di plastica, seppellire i propri fratelli, cugini, amici.
Se gli facessero desiderare di morire, solo per riunirsi alla propria famiglia e non dover rimanere soli in questo mondo terribile.
Se li terrorizzassero a tal punto che i loro figli perdono i capelli, perdono la memoria, perdono la ragione.
Se il mondo stesse guardando in diretta TV il sistematico annientamento degli ebrei in tempo reale, non ci sarebbe alcun dibattito fatto se si trattasse o meno di terrorismo o genocidio.
Non capirete mai la sacralità degli ulivi, che avete tagliato e bruciato per decenni solo per cattiveria, solo per spezzare i nostri cuori ancora un po’. Nessun indigeno di quella terra oserebbe mai fare queste cose agli alberi di ulivo. I miti e il folclore di quella terra vi saranno sempre sconosciuti…
Ciò che i vostri agenti immobiliari definiscono nelle loro costose inserzioni “il fascino delle antiche case arabe” conserveranno per sempre nelle loro pietre le storie e i ricordi dei nostri antenati che le hanno costruite. Gli antichi dipinti e le foto della terra non avranno mai spazio per voi, non consocerete mai i sentimenti delle masse in tutto il mondo che si riversano nelle strade e negli stadi per cantare e chiedere a gran voce la vostra libertà. 
E non è perché siete ebrei, come volete far credere a tutti, ma perché siete colonizzatori violenti.
Pensate che la vostra ebraicità vi dia diritto alla casa che mio nonno e i suoi fratelli hanno costruito con le proprie mani su una terra che appartiene alla nostra famiglia da secoli.
Potete cambiare i vostri nomi per sembrare più radicati nella regione, e potete fingere che i falafel, l’hummus e lo zaatar siano vostre antiche ricette, ma nei meandri del vostro essere sentirete sempre il morso di questa epica falsificazione.
Non ci cancellerete. Non importa quanti di noi ucciderete e ucciderete e ucciderete tutto il giorno e ogni giorno. Noi non siamo le pietre da cui Chaim Weizmann pensava di poter liberare la terra. Noi siamo il suo stesso suolo. No siamo i suoi fiumi, i suoi alberi, le sue storie. Perché tutto questo è stato nutrito con in nostri corpi e le nostre vite nell’arco di millenni di continua ininterrotta esistenza su quel pezzettino di terra fra il fiume Giordano e le acque del Mediterraneo. Le leggendarie, tumultuose storie della terra fanno letteralmente parte del nostro DNA. Non potete cancellarle uccidendoci o attraverso la propaganda, non importa quale tecnologia di morte usiate.

Un giorno la vostra impunità e la vostra arroganza finiranno.

La Palestina sarà libera. E tornerà alla sua gloria multireligiosa, multietnica e pluralista. E voi ve ne andrete, o imparerete finalmente a convivere alla pari con gli altri.
Grazie”

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Con una breve nota, a scanso di equivoci, voglio ricordare che:

  1. i Palestinesi sono SEMITI come e più degli ebrei.
  2. la trovata (geniale) dell’antisemitismo è dell’allora ambasciatore Abba Eban che propose di rifugiarsi in questa accusa ogni volta che qualcuno criticava le azioni di Israele. In particolare è stata usata efficacemente dopo il massacro di Sabra e Shatila.
  3. Concludo dicendo che per me, ateo, la Bibbia degli ebrei è come il Mein Kampf di Hitler. Perché un libro che racconta di un Dio che dice al suo popolo: “questa è la tua terra” e lo autorizza a sterminare chi ci abita legittimamente, è oltre ogni commento.
  4. Dunque, precedendo qualsiasi cretino volesse portarmi su quel terreno, affermo fortemente che io non sono né antisemita, né tantomeno anti israeliano. Casomai anti-sionista, che è ben altra cosa. Come essere antifascista non significa essere anti-italiano. Pensate: ho addirittura amici ebrei, ma intelligenti, colti, antifascisti e antisionisti.

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