ricevo da una mia amica teatrante cagliaritana, Grazia Dentoni, che si trova in Palestina…

Gerusalemme, agosto 2006.

Incontro Shadi Zmorrod in un caffé …Mentre piovono bombe in tutti i dintorni, qualcuno continua a sognare e tenta disperatamente di realizzare i suoi sogni… Shadi uomo palestinese di 27 anni mi racconta che sta lavorando per mettere su la prima scuola di circo palestinese, a Ramallah, uno dei territori palestinesi occupati. (Un posto in cui per entrare e uscire attraversi il muro e se sei un palestinese che entra o che esce da casa sua, i soldati possono decidere di trattenerti al check point…) Quindici ragazzi e ragazze palestinesi dai 16 ai 28 anni, seguono i corsi di formazione: saranno gli insegnanti della scuola di circo di Ramallah. Purtroppo, i trainers che dovevano arrivare da un circo belga, all’ultimo momento non se la sono sentita di venire a stare qui in questo momento, la Guerra e’ una brutta bestia!!! Ma Shadi non si arrende ed è cosi’ che comincia a mandare comunicati via internet alla ricerca di volontari…
Per ora la scuola e’ portata avanti da: un
allenatore palestinese per l’acrobatica, una trapezista palestinese di 16 anni, un giocoliere americano, io che insegno trampoli , fune e come stare sulla scena, Patrice (giocoleria) e Maloe (fune) due professionisti francesi, Shadi che è un manager e un regista, Jessica, una ragazza belga che si sta occupando di tutta l’amministrazione…
Abbiamo a disposizione i pasti gratis per tutti
noi, offerti dal miglior ristorante di Ramallah, il teatro Ashtar in prestito, un trapezio, dei materassi, un paio di trampoli che ho costruito con un falegname palestinese e ed è cosi che lavoriamo intensamente per venti giorni dalle nove del mattino sino a notte inoltrata.
Le sorelle gemelle a cui insegno fune e trampoli sono
sorprendenti, e così ognuno dei futuri trainers…
In una di queste
mattine, il teatro apre le porte anche ai bambini di Ramallah ed è cosi’ che i trainers hanno la prima esperienza di insegnamento, sono incredibilmente professionali affrontando trapezio, palline e acrobatica …
Nel frattempo io e Shadi cominciamo a pensare a come
presentare al pubblico il lavoro e come per miracolo (siamo in terra santa!) nasce “Circus behind the wall” un vero e proprio spettacolo circense che dura un ora e mezzo in cui ognuno dei protagonisti racconta col proprio corpo la sua storia e salta il muro con acrobazie, funi, trampoli, trapezio. La gente è in delirio, nell’Ashtar Theatre non si è mai visto tanto pubblico, le donne velate siedono per terra, in prima fila e le loro spalle sfiorano le spalle del vicino. I muri si infrangono, tutti sorridono e si muovono tra le sale del teatro guidati da un soldato clown che impugna un finto mitra. Rappresentiamo ironicamente la realtà che ogni palestinese affronta quotidianamente: check point, umiliazioni, soldati, il muro…. La storia inizia con un padre conservatore che sgrida il figlio, perche´il circo è una perdita di tempo e alla fine e’ cosi’ orgoglioso che applaude fiero… Così alla fine dello show il ministro della cultura sale sul palco e dice publicamente che all’inizio si sentiva proprio come quel padre, ma ora, fiero del risultato, farà di tutto per sostenere il circo e parteciperà alla spesa per il tendone… Abbiamo vinto! E la sera dopo si replica con un pubblico ancora più numeroso, lo spettacolo migliora ed esterrefatti, decidiamo che “Circus behind the wall” deve andare avanti, lavoreremo ancora dieci giorni alle rifiniture e poi lo spettacolo e´pronto per varcare il muro… Aspettiamo inviti da festival, ssociazioni, teatri… Emozionati assistiamo partecipi alla celebrazione del corpo in un territorio così castigante, spingiamo affinché il muro cada e restituisca libertà e dignità a questa gente. E´un azione poeticamente politica, che si accinge a cambiare la storia.

Grazia Dentoni


hanno bisogno di tutto

Chiedono a chiunque di partecipare a questo folle e meraviglioso progetto, in qualsiasi modo…
Servono trampoli, scarpe per camminare sulla fune, funi, denaro, palline, clave, nasi da clown, tutto cio’ che serve in un circo… trainers…
Chiunque voglia partecipare all’apertura della prima scuola di circo palestinese, contatti via mail Shadi o Grazia.


Grazia Dentoni –
foradrop@tiscali.it
http://ananche.cagliariannunci.it

tel. 00972543083258

Shadi Zmorrod – s.zmorrod@gmail.com

>In Italia, nel luglio del 2001, abbiamo vissuto quella che Amnesty International ha definito “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”.

Quella ferita, inferta così violentemente il 20 e 21 luglio, ha lasciato un’ennesima macchia di sangue nelle pagine della storia del nostro paese, il sangue di migliaia di giovani umiliati, malmenati e torturati da coloro che sarebbero stati addetti a preservarne la sicurezza; la vita rubata al giovane Carlo Giuliani, vittima sacrificale di una mattanza indistinta.

La ferita dei giorni di Genova è rimasta aperta e dolorante nelle coscienze di tanti italiani e italiane che ancora s’interrogano sulle responsabilità politiche e materiali di quei gravi fatti, di chi si chiede come mai a cinque anni di distanza ancora non si sia fatta chiarezza sulla linea di comando, sulle inadempienze, sugli abusi di potere, sugli occultamenti di prove o sulla loro invenzione.

Subito dopo quegli avvenimenti fu istituita una Commissione di indagine conoscitiva bicamerale dotata di poteri d’indagine limitati. La natura stessa della Commisione, nonché il breve tempo in cui si svolsero i lavori (conclusi il 20 settembre 2001) denotano la volontà del governo di centrodestra di chiudere velocemente la faccenda, auto-assolvendosi agli occhi del Paese. Tale Commissione ha conseguentemente prodotto solo una sommaria e lacunosa ricostruzione dei fatti accaduti a Genova, senza arrivare ad una ricostruzione puntuale degli avvenimenti.

Anche i successivi eventi processuali (a cominciare dalla archiviazione dell’omicidio di Carlo Giuliani) sono risultati viziati dalla stessa logica: chiudere la “pratica Genova” nel più breve tempo possibile. Si sono dunque banalizzati i fatti, riconducendoli ad una logica di “manifestanti violenti” contrapposti a “sporadici eccessi delle forze dell’ordine”. Tutto questo col risultato di non poter vedere la precisa linea di repressione del dissenso di cui Genova ha costituito l’episodio più grave, seguito da altri meno noti ma non per questo meno inquietanti. Seguendo il solco ideale del disinteresse tracciato dalla Commissione parlamentare, possiamo leggere non solo le vicende processuali, ma anche la grave distrazione dei maggiori media italiani, che stanno lasciando scivolare i processi in corso per i fatti di Genova nella più completa apatia.

Se il nuovo governo vuole imprimere una svolta democratica al nostro paese, da qui deve cominciare, perché non può esserci futuro democratico laddove una macchia così grave viene lasciata alle spalle, perché non può esservi saldezza di diritti in un paese in cui rimangono troppi dubbi sull’omicidio di un giovane ad una manifestazione.

Il giorno dell’insediamento del nuovo governo è stato ripresentato al Senato un disegno di legge sostenuto da 60 senatori e senatrici che prevede l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui giorni del G8 che abbia gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria, che possa cioè utilizzare tutti gli strumenti utili ad acquisire informazioni necessarie al raggiungimento della verità. Analoga iniziativa è in corso alla Camera dei deputati, con la possibilità quindi di ottenere una Commissione bicamerale, che avrebbe ancora più peso politico. E’ urgente che questo disegno di legge venga discusso al più presto dal Parlamento per essere approvato e l’inchiesta possa rapidamente partire.

E’ necessario che tutti e tutte coloro che in questi anni hanno condiviso la lotta per ottenere verità e giustizia si impegnino a far si che ciò avvenga. Bisogna insistere affinché ogni parlamentare si senta in dovere di assolvere una richiesta forte proveniente dal paese: nessuna lungaggine burocratica, nessun ostacolo dovrà frapporsi questa volta all’istituzione di un organismo, realmente aperto all’ascolto di tutti i soggetti che hanno faticosamente lavorato in questi anni alla ricostruzione dei fatti, e che possa dunque far luce sul black out di civiltà che ha investito il nostro paese nel luglio del 2001.

Chiediamo a tutti e tutte di impegnarsi attivamente affinché si possa finalmente in questo Paese, almeno su questa vicenda, restituire alle parole verità e giustizia il loro significato.

PER ADESIONI SCRIVERE A: commissioneg8@yahoo.it

>l’altro giorno Fosco Giannini, uno degli gli otto senatori firmatari del documento per il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, mi ha contattato per chiedere l’adesione ad un documento di sostegno per l’assemblea nazionale autoconvocata che si svolgerà a Roma dal titolo:

no alla guerra senza se e senza ma
per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq e dall’Afghanistan

in questo clima di consenso ‘oscurantista’ a scelte bellicose, mascherate da missioni di pace, del governo italiano e della NATO, di celebrazioni guerresche, come quella recente alla base della morte di Quirra in Sardegna, di appellativi di ‘eroismo’ elargiti a ragazzi morti mentre scortavano un carico di armi in Iraq, di silenzi e non pronunciamenti sulla questione dello sterminio del popolo Palestinese,

trovo che sia URGENTE e NECESSARIO che gli intellettuali e gli artisti emergano dal silenzio per determinare ancora una volta la distanza etica dell’intelligenza e della cultura dalla criminale ottusità delle armi e le divise.

per aderire potete inviare una mail a: CLAUDIO GRASSI


Nessun uccello mai potrà sorvolare un’esplosione
Nessun albero mai potrà essere piantato su una bomba
Nessun’idea mai potrà vivere su dei cadaveri
Nessuna malta mai potrà essere impastata col sangue
Nessun figlio mai potrà nascere da un morto
Nessuna cultura mai potrà impugnare un’arma
Nessuna parola mai potrà essere ascoltata da un assassino
Nessun padrone mai potrà essere trascurato da un poliziotto
Nessuna libertà mai potrà essere raccontata da un militare
Nessuna pace mai potrà essere cantata in una caserma
Nessun poema mai potrà cantare uno Stato
Nessuna parola d’amore mai potrà essere pronunciata in nome di un dio assoluto

tratto da: alberto masala – IN THE EXECUTIONER’S HOUSE (nella casa del boia) – translated by Jack Hirschman – CC. Marimbo press – Berkeley, CA

appello per l’Assemblea nazionale


Sabato 15 luglio a Roma – dalle ore 9.30 presso il Centro Congressi Frentani (in via Dei Frentani 4) – si terrà una assemblea autoconvocata per ribadire con forza le ragioni del NO al rifinanziamento della missione militare in Afghanistan.

Saranno presenti rappresentanti dei movimenti, dell’associazionismo di base, dei sindacati, nonchè figure prestigiose dell’intellettualità critica e del giornalismo, oltre ai parlamentari impegnati nel Paese e nelle istituzioni in questa decisiva battaglia di civiltà.

per vedere la lista delle adesioni e leggere il documento:



Dichiarazione di Mauro Bulgarelli (Verdi), Loredana De Petris (Verdi), Fosco Giannini (Prc), Claudio Grassi (Prc), Gigi Malabarba (Prc), Fernando Rossi (Pdci), Giampaolo Silvestri (Verdi), Franco Turigliatto (Prc). “La proroga della missione militare in Afghanistan, che il Consiglio dei ministri si prepara a varare venerdì, non contiene elementi di discontinuità con le politiche attuate dal governo Berlusconi“.

Roma 28 giugno 2006

>
ecco il comunicato/petizione della RETE LILLIPUT per opporsi alla svendita delle aree minerarie sarde


è importante aderire e mobilitarsi per una Sardegna non più colonia turistica, industriale, penale, militare


SCARICA IL COMUNICATO

DAI QUI LA TUA ADESIONE

>In coincidenza con la diffusione di nuove immagini di torture inflitte da militari statunitensi a prigionieri iracheni, il 20 marzo è iniziato a Ginevra il 62° periodo di sessioni della Commissione dei Diritti Umani dell’ONU.

Gli Stati Uniti ed i loro alleati dell’Unione Europea hanno impedito ripetutamente a tale Commissione di pronunciarsi contro le massicce e sistematiche violazioni dei diritti umani promosse in nome della cosiddetta guerra contro il terrorismo.

I governi dell’Unione Europea si sono rifiutati di riconoscere le testimonianze e le prove presentate da cittadini dei loro stessi paesi che hanno patito diverse forme di tortura nella base navale di Guantanamo. Hanno permesso, inoltre, il transito di aerei della CIA che trasferivano prigionieri verso centri illegali di detenzione nella stessa Europa e in altre regioni.

I firmatari del presente documento chiamano gli intellettuali, gli artisti, gli attivisti sociali e gli uomini e le donne di buona volontà ad unirsi alla loro richiesta: la Commissione dei Diritti Umani, od il Consiglio che la sostituirà, deve esigere la chiusura immediata dei centri di detenzione arbitraria creati dagli Stati Uniti e la cessazione di tutte queste flagranti violazioni della dignità umana.

L’appello ha ottenuto sin ora più di mille adesioni, fra cui numerosi intellettuali.

Per adesioni:
www.derechos-humanos.com
www.derechos-humanos.info
www.droits-humains.info
www.hhrr.info