Sono usciti dalla volante con le pistole in mano.
Hanno detto “forza stronzetti, frocetti, fatevi sotto”.
Hanno sparato al torace, distendendo il braccio, e prendendo la mira.
Hanno ucciso un ragazzo di 15 anni.
Si sono girati e sono andati via.

qui si possono leggere i racconti di sei testimoni oculari dell’uccisione riportati dall’emittente greca MEGA TV e tradotti in italiano sul sito del corriere della sera

un piccolo commento

Chi ha avuto il coraggio di raccontare le cose in questo modo? Pochi, pochissimi…

Cari giornalisti italiani,
la vostra responsabilità è ancora una volta enorme.

Mai che si indaghi davvero… versioni poliziesche accreditate senza discussione… falsità…
Per esempio: non era in atto nessuna manifestazione. Quei fascisti di poliziotti, così simili ai nostri, sono scesi dalla macchina ed hanno semplicemente sparato come può fare solo un vero assassino. Anche qui da noi è successo. Tante volte.
Chi avesse dimenticato o non capisse cosa voglio dire, vada a vedere nei titoli e gli articoli degli ultimi quarant’anni le prime versioni accreditate sui giornali. Da piazza Fontana, da Pinelli e Valpreda in poi: l’assassinio di Serantini, di Giorgiana Masi, di Francesco Lorusso, di Carlo Giuliani, di Federico Aldrovandi… solo per citarne alcuni…

(per rinfrescare la memoria, qui un elenco impressionante, anche se incompleto)

Avete sempre un demone da evocare con cui giustificate tutto il peggio: “gli anarchici”.
In questo clima possono passare indenni anche sentenze come quelle della Diaz.
La vostra vigliaccheria è paradossale: anche quando vi chiamate democratici, siete conniventi con l’attuale processo di fascismo avanzante.
Vi siete accorti che la situazione italiana presenta elementi perfino più gravi di quella greca?
Qui in Italia la situazione economica è peggiore, la repressione è peggiore, il clima stesso è peggiore… in più qui abbiamo anche il Vaticano, e Berlusconi con tutta la P2, decine di stragi e trame irrisolte, la mafia, camorra e ‘ndrangheta… una cultura che… una classe politica che…
insomma: cari giornalisti, di cosa avete paura? Che il dicembre greco sia come il maggio francese sui cui resoconti, sulle cui trasgressioni state ancora campando? Guardare le cose a distanza e poi raccontarle con l’emozione di chi vi ha partecipato… il ’68, la beat generation, la trasgressione, le lotte, quella musica, la liberazione sessuale, il Vietnam, il Che… ma fatemi il piacere!!!

Vi suggerisco un titolo per domani:

I greci hanno inventato la democrazia.
I giovani greci oggi la stanno difendendo anche per noi.
Grazie.

>
Come una catastrofe che si ripete ogni anno bloccando la città, eccolo puntuale: il Motor Show.
Per chi non l’avesse mai subito, prendo qui un’affermazione da Bologna Città Libera: “… E’ come una fiera dell’eroina. Vendono veleno e ve lo fanno pagare caro”.

Ed è davvero così. Migliaia di giovani invadono Bologna da tutta Italia, come cavallette instupidite, per accarezzare una Ferrari e fotografare le seminude testimonial dell’imbecillità. A conferma di questo basti pensare che una dose minima (il biglietto d’ingresso) costa ben 30 euro.
Donne e motori, festival dell’idiozia per idioti che festeggiano con tiri di coca in attesa di passare presto al Viagra. Non spendo parole su questi “bravi ragazzi” che come massimo obiettivo di realizzazione e di integrazione sociale hanno due modelli: stare con gli ultrà o mettere una divisa.
Venite a vederli: sono il nostro futuro, il domani che ci attende.

Ma prima andate a leggere l’appello di alcune donne di Bologna sui messaggi sessisti del Motor Show: “Donne e Motori ? Preferiamo donne e uomini veri”.

Ed un avviso apparso nei cessi delle scuole di Bologna

Forse non è ancora tutto perduto!

>Parigi? quartiere latino…
San Francisco? North Beach…
Berlino? Kreuzberg…
Amburgo? St. Pauli…
Barcellona? barrio gotico, barrio chino, ecc…
e Amsterdam… Cagliari… Palermo… Istanbul… Madrid… Roma…
ovunque tranne che a Bologna…

tutte città dove si dorme benissimo, dipende solo dalle proprie nevrosi… dalla propria infelicità

il Pratello di giorno

io viaggio per LAVORO e dunque ho un diritto al riposo NON MINORE di chiunque altro
per esempio: l’ultima volta a Parigi, in strada sotto la finestra del mio albergo, c’era un gruppo rock-duro, amplificato, in pieno centro. Per TRE GIORNI mi è stata fatta una serenata MOLTO RADICALE fino all’una di notte. – prima sera, rock – seconda sera, reggae – terza sera, percussioni afro ed elettronica (bella sperimentazione, la migliore…)

L’unica difficoltà è stata quella di entrare e uscire dall’albergo, vista la folla. TUTTI AVEVANO UNA BOTTIGLIA IN MANO e si godevano la musica. TUTTI I LOCALI (a centinaia) intorno erano aperti e pieni di gente fino alle 3 di mattina. Non vedevo vigili da nessuna parte… la maggioranza delle persone sorrideva… ho scambiato degli interessanti commenti sulla qualità della musica col portiere del mio albergo, poi ho dormito. Ma pensavo: “se succedesse a Bologna… ci sarebbero già i carri armati ad occupare il quartiere…”
se dovessi tornare a Parigi e non volessi sentire nessuno, oggi prenoterei l’albergo in un’altra zona

ma voi… residenti del Pratello che protestate per il “rumore” ottenendo dal sindaco sceriffo un’ordinanza per far chiudere tutti i locali alle 22, voi…

perché avete comprato casa nel Pratello?
volevate ridurlo ai vostri paradigmi di esistenza?
avevate valutato il rischio di non riuscirci?

io avrei un’ipotesi da azzardare: avete comprato lì, in una vecchia via di prostitute e ladruncoli, perché costava poco. Molti di voi hanno addirittura “investito” nell’affare, subaffittando a studenti in attesa che la via si “ripulisse” e i prezzi degli immobili salissero all’inverosimile. Una via del centro fa gola a chiunque voglia speculare. E voi ci state provando. Ma allora lasciamo da parte i “diritti” (ché quello al silenzio non è più rilevante di quello alla socialità) e parliamo di affari: ogni investimento comporta dei rischi. Investire nel Pratello significa rischiare che le osterie non chiudano, anzi… dato che il comune ha emesso le licenze, che aumentino. E, investimento per investimento, beh… sto dalla parte di chi vende kebab o birra, non certo da quella di chi vorrebbe che tutto fosse inscatolato. Gli studenti che voi attirate a Bologna e spremete fino al midollo non hanno né devono avere i vostri ritmi o i vostri rituali. Vendete casa finché siete in tempo (che già ora vale dieci volte quello che l’avete pagata) e riacquistatela due strade più in là… succede…

il Pratello di notte

dunque una domanda agli studenti:
perché continuate a venire a Bologna?
perché continuate a fornire danaro e intelligenza a questa città così oscura, fatta per impedire il cielo?
perché non vi rendete conto che altrove si studia meglio e costa tutto la metà e, soprattutto, la gente sa ancora sorridere?…
andatevene… lasciate che questa città soffochi nelle nebbie della sua stessa decomposizione
Bologna ha perso la sua nobiltà proletaria: è una città di parvenus, di vecchi arricchiti che non sanno nemmeno fare il pane, ma lo vendono al doppio del suo prezzo

esperienza personale:
ho vissuto nel Pratello e non ho MAI provato fastidio per le voci umane o i rumori naturali, anzi… gli unici rumori per i quali ho sofferto – perché infastidivano mia figlia appena nata in casa, nel Crusél, il crociale angolo Pietralata-Pratello – e contro i quali ho lottato, erano:
1. i camion del rusco (il pattume per chi non è di Bologna), quelli del lavaggio strada o della campana del vetro scaricata alle due, le tre, le quattro di notte
2. i bonghi dei “bongoloidi”, ma perché non sapevano suonare, non era musica, solo battiti autistici…

cito un passaggio da un libro di qualche anno fa in cui mi si chiedeva di parlare di Bologna.
Sebbene residente ed abitante, risposi con un paradosso perché considero l’abitare un luogo il poter godere di tutte le occasioni di socialità e di cultura (ahi ahi, Bologna!… socialità?… cultura?…) che quel luogo offre: risposi che sto a Bologna, ma non abito a Bologna.
Infatti in questa città ormai vengo solo per dormire e non esco più di casa per paura di incontrare i suoi terribili abitanti, i “comitati dei residenti”, i sindaci sceriffi, la tipa psicofarmacizzata ed alcolista che per solitudine contina a denunciare da anni l’osteria sotto casa sostenendo che sente la gente parlare… e che nei giorni di chiusura o di ferie dell’osteria si aggira furiosamente ubriaca insultando chi passa per la strada. Poveretta… rimane per un po’ senza nemici…
e pensare che quando arrivai a Bologna, più di trent’anni fa, oltre alla vitalità della città mi colpì quella dei suoi vecchi, simpatici, allegri e dolcemente trasgressivi…

scusate l’auto-citazione, ma mi pare a proposito. eccola:

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“… Un altro fattore rilevante è che io non abito a Bologna … dove mi appoggio ormai da una trentina d’anni. Qui ho trasportato spesso il mondo che mi appartiene, qui sto, ma di passaggio. Però non abito più qui. Trasferisco da altrove le cose che qui vivo, oppure, da qui, le sposto altrove. Abitando in me stesso. Ormai sono soltanto io il luogo da cui vengo, e se parlassi di Bologna dovrei farlo parlando troppo di me, di quel nulla che si fa attraversare da Venezia, Amsterdam, Berlino, la Spagna, il Maghreb, Istanbul, la Sicilia, la Francia, gli Stati Uniti, i Balcani… e, sopra di tutto, la mia Sardegna perenne.

Sempre ostinatamente tornando a questa città senza vento, fatta per impedire il cielo, la luce, lo sguardo lungo.

A Bologna, come non succede da nessun’altra parte, l’intelligenza piove di scroscio ininterrotto. Ma queste strade ben impermeabilizzate non la sanno assorbire, questi portici ne nascondono i flussi, e quel poco che resiste, che non scorre veloce alle cloache, forma pozzanghere brillanti asciugate lentamente dal calore dell’indifferenza. A volte non lasciando nemmeno ricordo.”
———————————————–

un’ultima cosa: andate a vedere come il comune stesso spaccia per vitale questa città utilizzando le foto della festa del Pratello del ’92, di cui anch’io ero promotore.
Se non ricordo male, era una reazione gioiosa e trasgressiva all’arroganza della municipalità: si faceva una festa (e non una lotta armata) per mettere la questione della mancanza di spazi abitativi e di socialità. Infatti tutto partiva dalle case occupate ai n. 76 e 78 della via. Oggi nel sito del comune sembra che l’abbiano fatta loro e che la città sia viva! La cosiddetta faccia come il culo. Nonostante non sia la prima volta che succede, non riesco ad abituarmi…

alberto masala

festa del Pratello nel ’92

>comunicazione riservata e personale a quei sardi che stanno trasformando la Sardegna in Berlus-colonia.

I sardi esclusi dal governo, ascari sempre più sudditi e fedeli. In particolar modo i parvenus galluresi, l’acquisizione più recente, che sardi non lo sono mai stati troppo. Ma se glielo dici si offendono… Intanto hanno svenduto o regalato la loro terra (che una volta era anche nostra). Come vendersi la madre (che era un po’ anche nostra madre)… e senza fare una piega quando gli cambiavano anche la toponomastica. Come quando si parla degli americani: non tutti, naturalmente – conosco alcuni fra i migliori, quelli più resistenti – ma diciamo che i più si sono radunati lì…

Leggo su l’Altra Voce, in un articolo a firma di Giorgio Melis, arguto e divertente se non fosse dolorosamente tutto vero, che dice: “E’ annunciata una nuova visita pastorale con un grande carico di perline e specchietti (anche per allodole umanizzate) da distribuire ai bravi, pazienti e talora pezzenti buoni selvaggi nuragici. La Sardegna “canile di Arcore” evocato dieci anni fa da Cossiga senior, si è materializzato in tutto il suo splendore servile. Pensare che la dolorosa decisione di Berlusconi di escludere dal giro ministeriale i suoi eletti isolani è maturata domenica alla Certosa”.

Da noi le cose si usa cantarle piuttosto che pronunciarle in comizi. Nella tradizione non esistono le canzoni: solo versi affidati all’interpretazione di chi li coglie. Già altre volte mi è capitato di scrivere sulla questione. Ora voglio lasciare qui due righe con cui, già quattro anni fa, mettevo in guardia quel sardo che orgogliosamente si batte perché la sua terra venga consegnata interamente nelle mani rapaci del più subdolo e pericoloso fra i suoi colonizzatori.
Scrivo in logudorese… magari poi traduco. Per essere cantati devono rimare in una struttura tradizionale. Li raccolga liberamente chi vuole.

Pro unu sardu abistu

Bid’as a Berriscone?
trankillu ke Battista
léat, e si ndhe ríet da ‘e su Cumbentu.

Non li fuet occasione
de si fagher provvista
né paret ki si ponzat pessamentu.

L’asa dadu su votu
e luego l’as connotu.
Creías de b’áer sa parte? De s’apentu
com’iscobio su jogu:
isse su mere e tue…
abbárras piógu!

s’11 ‘e cabidanni de su 2004

Ad un sardo dalla vista lunga.

Hai visto il grande Verro? Molto tranquillamente prende, e dalla Certosa se la ride. Non perde un’occasione per farsi le provviste e non sembra preoccuparsi. Gli hai dato il voto e subito si è scoperto. Credevi di spartire con lui? Ora ti svelo il meccanismo del giochetto: lui è il padrone, e tu… resti un pidocchio!

11 settembre 2004
con un anno di ritardo riecheggio con piacere una notizia che non invecchia mai

Il 17 febbraio 2007 su La Repubblica è apparso un necrologio per iniziativa di alcune classi della seconda liceo classico di Alghero. La notizia non ha avuto molta risonanza perché mancavano quegli elementi di pruderie che ne fanno uno scoop nazionale. Niente canne, niente sesso con la professoressa, niente bullismo… solo intelligenza e cultura, che, si sa, in Italia non fanno notizia.

La riprendo io grazie ad una catena che si è spontaneamente creata in rete. Ecco l’interessante percorso che, tra l’altro, mi ha aperto lo sguardo su dei blog intelligenti:

– raccolgo la notizia su YAUB
– che mi rimanda a Contaminazioni
– che ha preso la notizia da Satura
– che l’ha avuta da Tortora
– che l’aveva presa da Mianonnaincarriola

Di cosa si tratta? Nel giorno dell’anniversario della morte di Giordano Bruno – arso vivo in Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600 nel rogo di Santa Romana Chiesa – questi meravigliosi ragazzi si sono quotati per acquistare uno spazio commemorativo a loro spese. Qui voglio rendere omaggio alla loro intelligenza ed a quella del loro eccellente professore di filosofia: Gianni Piras (n.b. di formazione cattolica!). Di lui segnalo questa interessante intervista su la Repubblica

A tutti loro il mio grazie per avermi fatto iniziare bene la giornata e per aver confortato la speranza che non tutto sia perduto. Sono inoltre fiero che questo segnale di intelligenza venga proprio dalla mia Sardegna…

sta scendendo il silenzio

dopo l‘intervista ad Aharon Shabtai sul salone del libro che ho riportato qui
dopo l’eroico appello degli scrittori “nel nome della letteratura” a cui ho risposto con una lettera
dopo la saggia proposta di Diego Ianiro che ho sottoscritto

dopo le ultime stragi a Gaza

sta scendendo il silenzio…
silenzio…

invito a leggere la lettera di Gianni Vattimo su “la caverna”
e quella di Suad Amiri

ma soprattutto a firmarne l’appello


>gente non tutelata

comitati per l’ambiente… contro le basi… circoli culturali… circoli politici… associazioni… gruppi di consumo responsabile… cantieri sociali… pacifisti… collettivi di donne… comitati spontanei… persone…

Se queste persone, questi gruppi, accomunati da un’etica e una coscienza, sostengono una candidatura per le prossime elezioni, significa che gli riconoscono capacità rappresentativa, intelligenza politica, affidabilità…

Se questo candidato nella precedente legislatura risulta essere il più presente in Parlamento fra gli eletti in Sardegna, è evidentemente il più sensibile alle problematiche del territorio che rappresenta, il più infaticabile sostenitore delle istanze che vengono dal basso

Se tutto questo ha un valore politico, etico, umano… non si capisce come si possa correre il rischio che la formazione politica che nel programma rivendica proprio questi valori non lo voglia ricandidare. Dovrebbero esserne fieri. Dovrebbero considerarsi fortunati di poter sostenere la scelta di una così ampia, varia, importante aggregazione di elettori… molti dei quali non voterebbero altrimenti.

La formazione è la Sinistra Arcobaleno
il candidato è Mauro Bulgarelli
(qui per il suo sito)

Non volerlo ricandidare sarebbe uno stupido errore:

etico, calpestando la volontà di chi immagina un diverso modo di costruire la vita
politico, eliminando dal Parlamento una voce chiara e competente espressa da un territorio
tecnico, interrompendo un prezioso lavoro cominciato nella legislatura precedente
strategico, allontanando dal voto realtà responsabili e vive nell’azione sociale

per sostenerlo si è costituito spontaneamente il comitato Unità Dal Basso con un appello al quale ho dato la mia adesione

risparmiando i commenti (ovvii e banali) sulle capre ed i cavoli – e anche quelli meno ovvii sui 106 palestinesi uccisi negli ultimi 40 giorni… sottoscrivo e pubblico questa saggia proposta di Diego Ianiro su Nazione Indiana nel nome dell’onestà intellettuale sebbene dubiti fortemente che venga accolta. Eccola qui.

Cari amici di Nazione Indiana,
chi vi scrive ha sostenuto, e sostiene, una posizione nettamente critica nei confronti della politica dello Stato d’Israele da quando ha avuto modo, per brevissimo tempo, di toccare (sfiorare?) con mano i suoi effetti nella West Bank nel 2005. Ne ha parlato proprio qui come altrove.
Chi vi scrive sa che il governo italiano, indipendentemente dal colore sbiadito che possa assumere, è un fedele alleato di quello israeliano, con il quale ha – per esempio – stipulato un accordo di cooperazione militare (legge 17 maggio 2005 n°94).
Chi vi scrive, ovvero io signor nessuno, crede di essere abbastanza in grado di riconoscere la cruda realtà dei fatti e le ragioni delle parti in causa nell’affaire della grande esposizione torinese.
Riconosco la non casualità della scelta di Israele come Paese ospite nell’edizione 2008 della Fiera del Libro di Torino e le ragioni del boicottaggio da parte dei ragazzi di forumpalestina.
Riconosco però anche la possibilità che esista una comunità di “puri” che, “nel nome della letteratura”, vede nel boicottaggio il pericolo di oscurantismo e il rischio concreto di una deriva che porti ad “includere nell’esclusione” anche le voci che, al di là della politica (ammesso che questo aldilà esista davvero), si distinguono per merito non solo critico ma anche per indubbio valore “estetico” e culturale.
Partendo da questo secondo punto, e in seguito al dibattito che si è venuto a creare tra filoboicottatori e firmatari, non-firmatari, firmatari pentiti/dubbiosi/con distinguo dell’appello stilato da Raul Montanari il 6 febbraio, ho proposto a Gianni Biondillo, un po’ provocatoriamente un po’ seriamente, di concentrare gli sforzi non sulle parole, o le adesioni delegate per firma, ma sull’azione concreta.
La proposta è, in primo luogo, mettere per un attimo da parte (nessuna pretesa di “eliminarle” perchè mi rendo conto della non fattibilità della cosa, anche da parte mia) quelle idiosincrasie che, volenti o nolenti, molti di noi provano nei confronti di altri, al fine di coordinarci per un’azione costruttiva all’interno del contesto che, a conti fatti, è stato definito e verrà comunque portato avanti. Mi riferisco alla Fiera e al Paese che ospita quest’anno.
Non credo sia più possibile tornare indietro, ammesso che la cosa abbia mai avuto un senso, essendo la fiera il principale prodotto della “Fondazione per il libro, la musica e la cultura” che è comunque un ente privato le cui scelte finali immagino non possano essere influenzate da soggetti esterni ai propri interessi. Allo stesso tempo sarebbe prendersi in giro se non riconoscessimo il valore di principale “vetrina” nazionale per tutto il nostro parco editoriale, e quindi insindacabilmente “culturale”, che la Fiera rappresenta a livello internazionale; ovvero sarebbe ipocrita non ammettere come la fiera sia, per noi e per chi ci guarda da fuori, la punta emersa e scintillante di tutta la nostra intelligencija.
Non si può dunque sindacare sulla legittimità della presenza di Israele – nonostante lo “scippo” all’Egitto – come “ospite” ufficiale così come non si può far finta di non vedere quanto profonda e lunga sia la portata di quest’invito, caduto non certo per pura coincidenza nell’anno del sessantesimo anniversario dalla “nascita” dello stato ebraico, che è di riflesso sessantesimo anniversario dalla Nakba. Se prendiamo tutti pacificamente atto di questa situazione si può, chi vuole farlo, passare alla “rinuncia” momentanea alle proprie antipatie/simpatie di cui sopra, e comprendere che la Fiera stessa può trasformarsi in opportunità. Come?
1- Accettando Israele come paese ospite
2- Motivando e proponendo “nel nome della letteratura”, come da appello, l’inclusione di tutte le voci e le penne nate, cresciute o residenti in Israele.
Per i firmatari dell’appello non dovrebbe essere difficile aderire a questi due punti, pena la disonestà intellettuale.
Per i non firmatari o i filoboicottatori, categoria nella quale mi inserisco, è ovviamente più problematico. Però ci si può incontrare proprio su questo terreno: ecco l’opportunità da mettere in pratica.
I firmatari propongono a forumpalestina di contattare quegli scrittori esclusivamente israeliani in linea con le loro posizioni (mi riferisco ad Atzmon, Pappe, Halper, Laor, Shabtai e tutti gli altri che i ragazzi del forum possono essere in grado di reclutare) per un evento speciale all’interno della fiera quale potrebbe essere una o più giornate di dibattito/confronto sul tema della democrazia israeliana (provvisoriamente intitolato “Israele sessant’anni dopo: affinità/divergenze tra lo Stato Ebraico e noi [ebrei]”). Le modalità e i tempi di questo “evento” devono essere coordinati insieme al forum e, ovviamente, all’organizzazione della fiera. La cosa però ha un senso solo se A- L’evento viene realizzato all’interno del calendario e dell’area della fiera;
B- All’evento partecipano sia il gruppo scelto dal forum che le voci più note e autorevoli della letteratura israeliana (Oz, Grossman e Yehoshua per esempio) al fine di garantirne anche una maggiore visibilità;
C- Le modalità e i tempi di discussione vengano calibrati in maniera equanime secondo una antipatica e noiosa, ma tuttavia necessaria, par-condicio;
D- Il divieto di usare impropriamente il termine “antisemitismo”, essendo tutti adulti e vaccinati alla retorica della propaganda. Chi ci guadagna?
– In primo luogo gli scrittori: nessuno di loro (a parte, forse, Pappe) viene pubblicato in Italia; la fiera sarebbe un’ottima occasione per far conoscere la propria voce ad una utenza enormemente più ampia.
– Chi ha firmato l’appello “nel nome della letteratura”: in questo modo sarà loro garantita la presenza vera e senza omissioni – la più insidiosa delle censure, l’omissione – di una rappresentanza di tutte le voci di Israele.
– Il forumpalestina, che avrà così l’opportunità di far entrare alla Fiera, e di far conoscere al paese di cui è specchio, chi dall’interno – e con assoluta cognizione di causa – combatte la politica del governo israeliano e perché.
– Gli organizzatori della fiera, che possono rivendersi l’evento come esempio di pluralismo ed equidistanza, altri termini orrendi ma ahimè necessari. So che qualcuno dirà “e i palestinesi?”. I palestinesi (che io personalmente vorrei fossero israeliani, e viceversa) hanno bisogno anche di questo tipo di cose, ovvero di efficacia, ché il boicottaggio da solo non basta. Troia è stata espugnata con un dono, per usare una metafora infelice.
Come iniziare?
Con una conta, qui su Nazione Indiana, vedere in quanti si è d’accordo a costituire un primo nucleo che proponga la cosa al forumpalestina e alla Fiera. Inserendo nei commenti il proprio nome e l’email. Utilizzando in seguito proprio NI per fare pubblicamente, di volta in volta, il punto della situazione.
Nella speranza di essere stato, entro i miei limiti, chiaro ed onesto pur in quella che, nella sua semplicità, potrebbe sembrare a molti una pretesa assurda.

ingenuo ed ottimista, ho l’attitudine a privilegiare sempre la buona fede… poi, a riportarmi con i piedi per terra, anzi, nel fango, scopro che la porcata c’è, sempre, e sporca tutto, anche le idee migliori…
quando imparerò a diffidare delle buone intenzioni e delle dichiarazioni di principio?

ecco: c’è un documento del 4 febbraio 2007 che annuncia che la presenza d’onore al Salone del libro di Torino è felicemente destinata all’Egitto!

Quali pressioni ha dovuto fare Israele per modificare questa decisione?

Quale faccia come il culo hanno dovuto esibire le istituzioni e gli organizzatori per annunciare la decisione di ospitare Israele?

Quale consapevolezza hanno di questo i sottoscrittori dell’appello?

Quale mancanza di coraggio hanno gli stessi a non ammettere di aver preso una cantonata, seppure (alcuni) in buona fede?

Quale pelo sullo stomaco si devono far crescere tutti costoro?
In nome di che cosa?
E cosa c’entra la letteratura in tutto questo?

 

qui il link del dibattito sul FORUM PALESTINA

qui il link del DOCUMENTO UFFICIALE che annuncia l’Egitto come ospite

cari scrittori firmatari, ripeto ciò che dicevo nel post precedente:

… Quanti di voi, che avete sottoscritto l’appello, hanno rapporti con gli scrittori dissidenti e pacifisti di Israele che, anch’essi totalmente israeliani, boicottano il sistema aggressivo e colonizzatore e vengono per questo messi a tacere? Quanti di voi sostengono gli scrittori israeliani che disperatamente si oppongono? Ho l’idea che non vi siate nemmeno posti il problema.
Ecco perché sostengo che questa firma sia troppo comoda, distratta, inconsapevole ed incosciente. Perché sostiene un governo, non una cultura. Un potere, non un popolo. Un brutto potere…. un brutto governo… colonialista e sanguinario… che violenta ogni cultura. Anche la propria.

La vostra è una firma ciecamente ‘coraggiosa’, che manca totalmente di coraggio e di sguardo.
E’ una firma superficiale che ci trascina in basso, che colpisce la dignità di due popoli: quello palestinese e quello israeliano insieme.
E’ una firma POLITICA, ma non ETICA, che conforta l’arroganza di un sistema basato sull’oppressione e sul potere economico, un sistema sostenuto da questa Europa ipocrita ed altrettanto arrogante.

E’ l’occidente, amici… il comodo e confortevole occidente…
e chi non ci sta, scenda dal carro.

avevo messo l’immagine di alcune banconote di Israele
sono sparite… vuoi vedere che se le sono riprese?

Se le avessero prese loro, non le rivedrò mai più. Se invece le ha prese qualcuno di voi scrittori, è pregato di riportarle qui immediatamente.

 


questo appello, pubblicato in rete dall’ottimo Tiziano Scarpa – scrittore che mi è molto simpatico… (io sono un
fan della scuraglia) – e sottoscritta da molti sulle riviste il primo amore e Nazione Indiana (vedi in fondo) mi lascia perplesso per la sua leggerezza, la sua cieca “obiettività”, il suo freddo senso della “democrazia”.

———————————————–

Nel nome di quale idea della letteratura si parla? Penso subito ad un’idea della letteratura astratta, inconsapevolmente (…?) e colpevolmente funzionale ai sistemi di riproduzione e tutela del controllo sociale.
Al potere, da sempre, serve un’arte inoffensiva che fornisca un’idea del mondo pacificante e pacificata e magari metta anche in discussione i meccanismi, sì… ma solo in maniera prudentemente astratta ed in condizioni di apparente uguaglianza del diritto di parola.
Da sempre i sistemi delegano agli artisti il compito di rappresentare libertà fittizia in sistemi sociali basati sul privilegio, in cui la libertà è inesistente o estremamente sacrificata. Da sempre agli artisti viene affidato il compito di rappresentare ‘liberamente’ le frustrazioni e gli orrori di sistemi malati, inumani, oppressivi. Gli artisti assolvono il compito di alleggerire la cattiva coscienza del potere rappresentando in maniera innocua le sue malattie più orribili e, per questo, venendone ricompensati con l’accredito a corte, alla parola, ai media, al privilegio…
Niente di male… stiamo lavorando… dobbiamo campare… abbiamo famiglia… ma che almeno qualche volta questa parola si ritorca contro… che almeno si sfruttino gli spazi di visibilità per sforzarsi di avere una visione critica!

Cari scrittori, vedete, io da sempre sono convinto (e per questo eticamente indistruttibile) che il privilegio della parola pubblica possa essere delegato soltanto da un popolo, una gente, un gruppo: quello nel cui nome si è autorizzati a parlare. E che questo popolo stesso ti tolga la delega nel momento in cui non lo rappresenti più, nel momento in cui non viene assolto il debito. Sono convinto (ed ho anche pubblicato un libro al riguardo), che quando un artista calpesta in pubblico un metro quadro di mondo e si espone alla visibilità, svolga il dovere di parlare in nome di qualcuno che l’ha incaricato. Ogni artista, nell’atto creativo ed in ogni suo gesto pubblico, non porta soltanto un’opera, ma, anche solo temporaneamente, aggrega un popolo che lo ascolta, compra i suoi libri o va a vederlo in teatro e nei luoghi dell’arte.
Qui, in questi luoghi, ognuno sceglie la propria committenza e ne porta la voce trasformata dalla propria arte in opera, in sublime, in necessario, in fantastico, in bello, in terribile…
L’arte è dunque per me è solo lo strumento tecnico di cui ci si è dotati per rendere credibile socialmente la propria presenza – sperabilmente etica.
E dato che la mia presenza è spesso dannatamente dissidente, divergente, mi servo dell’arte per raffinare e mantenere la mia credibilità pubblica, per non essere punibile nella mia pratica di testimonianza e quindi continuare a percorrerla.
Per quanto mi riguarda (ma a questo nessuno è obbligato) il compito è di trasportare la voce di chi non ha voce.
Per farlo bisogna però ‘transvivere’ oltre le proprie miserie personali, diventare esemplare, trasformare il proprio Ego-Centrico in Ego-Topico, calpestando con tale intensità quel metro quadro di mondo da scavare un solco visibile, oltre sé stessi, riscattando i propri limiti personali e quelli della società che ti vorrebbe invece ‘funzionale’.
Poi si rientra tranquillamente nella propria miseria quotidiana, della quale non si deve rendere conto a nessuno oltre sé stessi.

In questo senso la vostra firma è troppo leggera ed innesca un meccanismo perverso il cui risultato è: “Vedete… qui siamo liberi di parlare e di lasciar parlare…”
Niente di più falso e strumentale al potere. Niente di più acquiescente…
In nome di quale popolo state parlando?
Quando ci si astrae pronunciandosi in nome di una solo apparente libertà, si perde il senso profondo delle cose. Io credo solo nella libertà applicata, nell’etica concreta dei comportamenti quotidiani privati e pubblici.
Quanti di voi, che avete sottoscritto l’appello, hanno rapporti con quegli scrittori dissidenti e pacifisti di Israele che, anch’essi totalmente israeliani, boicottano il sistema aggressivo e colonizzatore e vengono per questo messi a tacere? Quanti di voi sostengono quegli scrittori israeliani che disperatamente si oppongono? Ho l’idea che non vi siate nemmeno posti il problema.
Ecco perché sostengo che questa firma sia troppo comoda, distratta, inconsapevole ed incosciente. Perché sostiene un governo, non una cultura. Un potere, non un popolo. Un brutto potere…. un brutto governo… colonialista e sanguinario… che violenta ogni cultura. Anche la propria.
Israele, come ogni sistema, si serve evidentemente dei suoi scrittori e dei suoi artisti per poter avallare un’idea orribilmente falsa di stato democratico, di pensiero e respiro dell’arte e dell’espressione.
Anch’io firmo e firmerò sempre per la libertà e la pace, per i diritti alla terra ed alla vita, alla cultura, ma di tutti… non di uno contro gli altri. E non di un potere.

Così immagino che questa firma sia stata posta da voi, scrittori, quasi come un ‘dovere’ da assolvere velocemente, distrattamente perfino, senza guardare troppo a ciò che Israele compie rispetto al popolo palestinese. Sono convinto che nessuno di voi in questi giorni si sia posto il problema di agire “con altrettanta forza e consapevolezza” rispetto al dramma di Gaza, dove si continua a sterminare, dove qualcuno subisce un’oppressione di tale portata che, senza dubbi, oggi può essere indicata col termine di genocidio.

leggete l’intervista al caro Aharon Shabtai, poeta di grande qualità e profondità, che riporto in un post precedente, e pensateci sopra un momento

La vostra è una firma ciecamente ‘coraggiosa’, che manca totalmente di coraggio e di sguardo.
E’ una firma superficiale che ci trascina in basso, che colpisce la dignità di due popoli: quello palestinese e quello israeliano insieme.
E’ una firma POLITICA, ma non ETICA, che conforta l’arroganza di un sistema basato sull’oppressione e sul potere economico, un sistema sostenuto da questa Europa ipocrita ed altrettanto arrogante.

E’ l’occidente, amici… il comodo e confortevole occidente…
e chi non ci sta, scenda dal carro.

Non abbiatevene a male… ancora una volta sto solo cercando di pensare. E, come sempre, mi conduce un istinto d’amore.
Infatti pubblico il vostro appello e invito chi lo condivide ad aderire…
Ma anche c
hi non lo condivide ad opporsi fermamente.
E tutti voi a ripensarci (e quello sì, sarebbe un gesto di vero coraggio)

Con immutato affetto
Alberto Masala

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Nel nome della letteratura
Israele ospite della Fiera del Libro di Torino 2008

Con questa firma esprimiamo una solidarietà senza riserve nei confronti degli organizzatori della Fiera del libro di Torino, nel momento in cui questo evento di prima grandezza della vita letteraria nazionale viene attaccato per aver scelto Israele come paese ospite dell’edizione 2008.
L’appello a cui aderiamo s’intende apartitico, e politico solo nell’accezione più alta e radicale del termine. Non intende affatto definire uno schieramento, se non alla luce di poche idee semplici e profondamente vissute.
In particolare, l’idea che le opinioni critiche, che chiunque fra noi è libero di avere nei confronti di aspetti specifici della politica dell’attuale amministrazione israeliana, possono tranquillamente, diremmo perfino banalmente!, coesistere con il più grande affetto e riconoscimento per la cultura ebraica e le sue manifestazioni letterarie dentro e fuori Israele. Queste manifestazioni sono da sempre così strettamente intrecciate con la cultura occidentale nel suo insieme, rappresentano una voce talmente indistinguibile da quella di tutti noi, che qualsiasi aggressione nei loro confronti va considerata un atto di cieco e ottuso autolesionismo.

Raul Montanari

prime adesioni:

Alessandra Appiano, Alessandra C., Gabriella Alù, Cosimo Argentina, Sergio Baratto, Paola Barbato, Antonella Beccaria, Silvio Bernelli, Gianfranco Bettin, Daria Bignardi, Gianni Biondillo, Riccardo Bonacina, Elisabetta Bucciarelli, Gianni Canova, Fabrizio Centofanti, Benedetta Centovalli, Piero Colaprico, Giovanna Cosenza, Sandrone Dazieri, Francesco De Girolamo, Girolamo De Michele, Donatella Diamanti, Paolo Di Stefano, Luca Doninelli, Marcello Fois, Francesco Forlani, Gabriella Fuschini, Giuseppe Genna, Michael Gregorio (Daniela De Gregorio, Mike Jacob), Helena Janeczek, Franz Krauspenhaar, Nicola Lagioia, Loredana Lipperini, Valter Malosti, Antonio Mancinelli, Valentina Maran, Federico Mello, Antonio Moresco , Gianfranco Nerozzi, Chiara Palazzolo, Gery Palazzotto, Paolo Pantani, Leonardo Pelo, Guglielmo Pispisa, Laura Pugno, Andrea Raos, Roberto Moroni, Mariano Sabatini, Rosellina Salemi, Flavio Santi,Tiziano Scarpa, Beppe Sebaste, Gian Paolo Serino, Luca Sofri, Monica Tavernini, Annamaria Testa, Maria Luisa Venuta, Andrea Vitali, Vittorio Zambardino, Zelda Zeta (Pepa Cerutti, Chiara Mazzotta, Antonio Spinaci)